Il Bollettino Invisibile: 600 Vite Spezzate dal Covid sul Lavoro in Sedici Mesi

Il Bollettino Invisibile: 600 Vite Spezzate dal Covid sul Lavoro in Sedici Mesi

Nell’arco di sedici mesi di emergenza sanitaria globale, il tributo di vite umane pagato dal mondo del lavoro a causa del Covid-19 ha raggiunto cifre drammatiche. Tra gennaio 2020 e aprile 2021, sono stati registrati 600 decessi, un conteggio che ha visto un recente incremento di 49 vittime rispetto ai dati di fine marzo 2021. Parallelamente, il numero di denunce di infortunio legate al virus è salito a 171.804, evidenziando un aumento del 3,8% rispetto al mese precedente.

Questa fotografia iniziale, emersa dalle più recenti analisi dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre, è accompagnata da una nota di speranza. Il Presidente Mauro Rossato ha evidenziato con forza come la campagna vaccinale stia progressivamente modificando la traiettoria della mortalità a livello nazionale. A riprova di ciò, la distribuzione dei 600 decessi complessivi rivela che le percentuali più alte si concentravano nella fase iniziale della pandemia: il 32,2% delle vittime si è registrato ad aprile 2020 e il 22,3% a marzo 2020. In contrasto, nel 2021, le cifre sono state significativamente inferiori: 6,2% a gennaio, 3,0% a febbraio, 3,5% a marzo, fino a raggiungere un più contenuto 1,8% ad aprile dello stesso anno.

Analizzando la distribuzione geografica delle fatalità, la Lombardia emerge con il dato più critico, totalizzando il 29,5% delle segnalazioni di decesso, pari a 177 vittime, il che le conferisce un triste primato. A seguire, si posizionano la Campania con 66 decessi e il Lazio con 58. Il Piemonte conta 51 vittime, l’Emilia Romagna 41 e la Puglia 40. La lista prosegue con la Sicilia (29), il Veneto (23), la Liguria (21), mentre Abruzzo e Toscana registrano entrambi 20 casi. Le Marche contano 18 decessi, Molise e Calabria 8 ciascuno. Umbria e Friuli Venezia Giulia presentano 5 vittime a testa, seguite dalla Sardegna con 4, la provincia autonoma di Trento con 3, la Valle d’Aosta con 2 e la Basilicata con 1. Riguardo al genere, gli uomini costituiscono una netta maggioranza, superando l’83,5% delle persone decedute.

Se spostiamo l’attenzione sull’incidenza della mortalità in rapporto alla popolazione lavorativa, un indicatore ritenuto più rivelatore, il quadro cambia parzialmente. In questa particolare classifica, il Molise si colloca al vertice con un indice di 76,3, ben al di sopra della media nazionale di 26,1. L’Abruzzo segue con 40,8 e la Lombardia con 40,2. Tra le regioni con le incidenze più basse rispetto alla loro forza lavoro si annoverano la Basilicata (5,3), la Sardegna (7,1), il Friuli Venezia Giulia (9,9) e il Veneto (10,8).

Passando all’analisi della mortalità per settore produttivo, si osserva che una vasta maggioranza, l’89,8% delle denunce di decesso per Covid legate al lavoro, ricade nell’ampio comparto dell’Industria e dei Servizi. All’interno di questa macro-categoria, l’ambito Sanità e Assistenza Sociale si conferma come il più colpito, rappresentando il 26% delle segnalazioni con esito fatale. Seguono i settori dei Trasporti e Magazzinaggi, con il 13,3%, e le Attività Manifatturiere (che includono, tra gli altri, la produzione chimica, farmaceutica, la stampa e l’industria alimentare) con l’11,5% dei casi. L’Amministrazione Pubblica e Difesa (che comprende enti preposti alla sanità come le ASL, organi legislativi ed esecutivi) incide per il 9,7%, mentre il Commercio per il 9,4%.

Nel corso di questi sedici mesi di crisi pandemica, le categorie professionali che hanno subito il colpo più duro dal Covid-19, mantenendo tale triste primato fino ad aprile 2021, sono state i tecnici della salute, come infermieri e fisioterapisti, con l’11,2% dei casi. Li seguono da vicino gli impiegati, gli addetti alla segreteria e agli affari generali con il 10,7%, e i conduttori di veicoli a motore con il 7,1%. I medici rappresentano il 6,3% delle vittime, mentre gli operatori sociosanitari il 4,7%. Infine, il personale non qualificato impiegato nei servizi sanitari e nell’istruzione, come portantini, ausiliari e bidelli, ha costituito il 3,7% delle fatalità.