Il Centenario del PCI: Una Memoria Viva e uno Stimolo per il Futuro

Il Centenario del PCI: Una Memoria Viva e uno Stimolo per il Futuro

A Livorno, il 21 gennaio 1921, si formalizzò la nascita del Partito Comunista d’Italia, una scissione dal Partito Socialista Italiano avvenuta durante il XVII Congresso di quest’ultimo, e divenne la sezione italiana della III Internazionale. Emergendo come forza rivoluzionaria in un’epoca di profonda reazione – quella che Gramsci definì “la più tremenda reazione che la classe operaia abbia mai dovuto subire” – il PCd’I (che dal 1943 assunse il nome di Partito Comunista Italiano) fu costretto a riadattare rapidamente le proprie strategie operative, trovandosi ad affrontare un contesto in cui il regime fascista aveva monopolizzato (totalitaristicamente) ogni ambito della vita politica. Nonostante fosse quasi completamente decapitato della sua leadership e bersagliato dalla repressione del regime di Mussolini, il partito comunista non si sottrasse alla sfida per riconquistare tale spazio, agendo clandestinamente nelle fabbriche e negli altri ambienti lavorativi. Questo impegno costò sacrifici incommensurabili ai suoi militanti, ma lo consolidò come l’unica entità organizzata attiva nel Paese per tutto il ventennio fascista, gettando le fondamenta per la vasta influenza nazionale che avrebbe acquisito nel dopoguerra.

Per tali ragioni, non possiamo approcciare questa ricorrenza con l’impersonalità di uno storico, per quanto rispettabile, né con l’ambiguità (che giudichiamo meno tollerabile) di chi, pur avendo contribuito attivamente allo scioglimento di quella formazione politica, ne manifesta oggi una sorta di malcelato rimpianto, senza mai esprimere un’ombra di autocritica. E non possiamo, ovviamente, osservare questo centenario con il cinismo (che invece condanniamo e disprezziamo fermamente) di chi ha etichettato la traiettoria del PCI come quella di “vinti”. Questo appellativo, nell’Italia democratica, si addice unicamente ai fascisti, non certo a coloro che hanno offerto un contributo determinante alla Resistenza, alle lotte per l’Assemblea Costituente e la nascita della Repubblica, e a tutte le grandi battaglie democratiche e progressiste dei decenni successivi, inclusi i trionfi in campo sociale e civile degli anni Sessanta e Settanta.

Per tutte queste ragioni – e molte altre che, per brevità, non possiamo qui elencare – per noi il centenario del partito comunista trascende la mera commemorazione storica. Rappresenta piuttosto la promessa di un nuovo inizio, non un semplice ricordo del passato, ma un’esperienza attuale e rinvigorente; è una memoria attiva, che non si limita alla contemplazione degli eventi trascorsi, ma si configura come uno strumento indispensabile per plasmare e trasformare la realtà presente, l’unica concezione di memoria che riteniamo politicamente efficace. Lungi dall’essere l’alba del fascismo, come qualcuno ha sfacciatamente sostenuto, questo anniversario celebra l’aurora del più grande partito comunista dell’Europa occidentale, al quale milioni di individui hanno aderito liberamente, spesso affrontando significative conseguenze personali e professionali per la loro scelta. Esso ha rappresentato una delle massime espressioni di politica di massa e di coinvolgimento popolare.

Altrettanto inaccettabile, e anzi apertamente scorretta e sgradevole, ci appare la dicotomia (riemersa recentemente, anche in occasione della scomparsa del compagno Macaluso) che distingue tra comunisti individuali – spesso considerati stimabili e degni di ammirazione – e il comunismo inteso come fenomeno storico globale, che taluni liquidano come una vera e propria sciagura. Per usare un’immagine, non ci comportiamo come il Senato romano. Non possiamo che condannare una tale interpretazione degli eventi, specialmente in riferimento alla storia del comunismo italiano, di cui peraltro non abbiamo mai ignorato limiti, contraddizioni ed errori.

Rifondazione Comunista è sorta nel 1991 proprio con l’intento di preservare e non disperdere questa esperienza straordinaria. A tal fine, si propone di rielaborarla criticamente, avvalendosi dei contributi di tutte le correnti della sinistra italiana, in particolare di quelle della Nuova Sinistra, accomunate dall’interesse per un profondo cambiamento dell’esistente e dalla ferma opposizione all’idea di un capitalismo immutabile. Siamo consapevoli che questa impresa, oggi forse più di ieri, è impegnativa e talvolta sembra insormontabile. Ciò nonostante, siamo sostenuti e confortati, oltre che dalla consapevolezza dell’insostenibilità delle attuali condizioni globali e nazionali, dall’esempio di coloro che ci hanno preceduto, i quali hanno sempre tenuto alta la bandiera rossa della libertà e dell’uguaglianza.

Luigi Caputo
Comitato Politico Provinciale PRC – Federazione Avellino