La Fede Italiana Oggi: Riflessioni tra il Mito della ‘Brava Gente’ e la Realtà di un Secolo Incertezza
L’espressione “Italiani, brava gente” evoca un celebre film bellico del 1964, diretto da Giuseppe De Santis. Questa pellicola, ambientata durante la campagna russa al fianco dell’esercito nazista, narra di soldati italiani che, rifiutando la brutalità tedesca, stringono legami con i prigionieri sovietici. Un dato significativo è l’apprezzamento del 90% degli spettatori.
Questo concetto di “brava gente” si scontra con il titolo di una recente e approfondita indagine sociologica di Franco Garelli, intitolata “Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio” (edizioni Il Mulino), che esplora la religiosità degli italiani tra i 18 e gli 80 anni. La meticolosità dello studio è tale che la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha supportato i ricercatori con un contributo finanziario. È ormai evidente che la nostra epoca è caratterizzata da una concezione frammentata e fluida della verità, e il panorama religioso non fa eccezione.
L’attuale scenario religioso italiano è dinamico e in rapida evoluzione. Tra i giovani, si osserva un aumento dell’ateismo e dell’agnosticismo, unitamente alla diffusione di altre fedi e culture, e all’emergere di nuove domande e percorsi spirituali. La Chiesa appare affaticata e invecchiata: solo il 22% dei fedeli partecipa alla Messa domenicale, e il 40% dei giovani si dichiara privo di un credo. Negli ultimi venticinque anni, l’Italia ha mostrato un progressivo distacco dalla dimensione divina: sebbene il 75% dei cittadini creda ancora in un Essere superiore, solo il 65% ritiene che la religione possa guidare alla scoperta del senso della vita. Un 38% si dichiara incerto, mentre il 23% considera la fede appannaggio di individui ingenui o impreparati. Nonostante il 76% si professi cattolico, solo il 30% è attivamente impegnato nell’apostolato, delineando un “cattolicesimo stanco”. Gli atei sono in crescita, sebbene in proporzione minore rispetto ad altri paesi. Predomina una spiritualità “fai da te”, dove la Chiesa viene interpellata soprattutto nei momenti cruciali dell’esistenza. La pratica religiosa è in declino, i riti sono percepiti come opzionali e la preghiera meno frequente. Il bisogno del sacro sembra risiedere più nell’intenzione che nella concreta esperienza.
Le parole di Gesù nel Vangelo secondo Matteo, “Perché avete paura, gente di poca fede?” (8, 23), risuonano con sorprendente attualità, suggerendo una perenne resistenza umana al cambiamento. L’odierna religiosità italiana mostra una predilezione per l’aspetto culturale piuttosto che per quello spirituale. Curiosamente, si riscontra una scarsità di “non credenti” intransigenti: il 69% degli intervistati non considera la fede in Dio anacronistica. Mancano figure di atei radicali e sofferti come Nietzsche o Sartre, per i quali il non credere era una scelta tormentata. Si potrebbe quasi dire che il vero credente sia un “povero ateo” che quotidianamente si batte per abbracciare la fede, mentre il vero ateo sia un “povero credente” costantemente alla ricerca di argomentazioni per sostenere la propria non-fede. In questo contesto, il 40% dei giovani si definisce “senza Dio, senza preghiera, senza culto, senza vita spirituale”, eppure non esita a bestemmiare per impressionare. Si profila una “generazione senza”: senza occupazione e senza chiare prospettive per il futuro.
Dal 2018, i matrimoni religiosi hanno ceduto il passo a quelli civili, con un numero crescente di coppie che optano per la convivenza senza vincoli formali. Nonostante il 46% sia contrario all’otto per mille destinato alla Chiesa cattolica, è interessante notare che il 50% si dichiara favorevole all’insegnamento della religione nelle scuole e il 70% supporta la presenza del crocifisso negli uffici pubblici. Molti italiani, pur non recindendo completamente il legame con la fede cattolica, sembrano mantenersi in una sorta di limbo, in attesa di una scelta più ponderata. Sul fronte etico, solo il 20% degli italiani nega la liceità morale dell’aborto, e appena il 36% del personale medico esercita il diritto all’obiezione di coscienza. Inoltre, il 63% si dichiara favorevole all’eutanasia, un dato che suggerisce un affievolimento dei legami familiari e parentali e una diminuzione dell’impegno nella cura degli anziani o dei malati. Il relativismo etico è chiaramente in aumento.
L’eclissi del sacro è indubbiamente una conseguenza anche del benessere diffuso. Eppure, paradossalmente, il 60% degli individui percepisce ancora una protezione divina. Settantacinque anni di pace hanno accelerato i processi di secolarizzazione. Tuttavia, di fronte alla recente pandemia, il 20% ha dichiarato di pregare più intensamente, anche se la paura sembra talvolta prevalere sulla fede. Questa fede, benché intrisa di dubbi, si rivela essenziale: essa apre orizzonti vasti, infonde amore nel cuore e stimola l’impegno per alleviare le sofferenze altrui. Come affermò il sommo artista Michelangelo Buonarroti, “L’amore è l’ala che Dio ha dato all’uomo per salire fino a Lui”. L’era digitale, con la sua dipendenza da computer, televisione, internet e videogiochi, ha creato nuove “celle di isolamento”. Immerse in un universo virtuale, intessuto di immagini che avvolgono e parole che illudono, le nuove generazioni, in particolare, rischiano di perdere il contatto con la realtà e di smarrire il valore della famiglia e della comunità, autentici contesti relazionali che favoriscono la maturità e la gioia di vivere. La fede, in definitiva, non è un ornamento esteriore, ma la luce che rischiara il nostro cammino esistenziale. Pasquale Maria Mainolfi
