Sanità Campania: Il TAR Sconfessa l’Accordo Regionale coi Privati, Rigettato il Ricorso della Clinica Mediterranea
Il recente verdetto del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) ha respinto il ricorso presentato dalla Clinica Mediterranea contro l’ASL Napoli 1. La struttura richiedeva un risarcimento superiore ai 3 milioni di euro per posti letto destinati a pazienti Covid, senza tuttavia fornire una rendicontazione adeguata dei servizi effettivamente erogati. Questa decisione giudiziaria, ha commentato Valeria Ciarambino, capogruppo regionale del Movimento 5 Stelle, convalida le precedenti denunce relative all’illiceità di compensi per prestazioni non svolte.
La sentenza, sottolinea Ciarambino, getta un’ombra significativa sull’accordo siglato dalla Regione Campania con l’Aiop il 28 marzo dello scorso anno. Tale intesa, apertamente favorevole alla sanità privata, prevedeva che le cliniche ricevessero il 95% dei ricavi ottenuti a pieno regime, persino in assenza di occupazione dei posti letto. In sostanza, si intendeva retribuire le strutture private con un meccanismo di “vuoto per pieno”, distaccato dalla loro effettiva attività e produzione. La capogruppo pentastellata definisce inaccettabile un tale riconoscimento economico basato sulla mera disponibilità, piuttosto che sull’erogazione concreta di servizi.
Ciarambino ha proseguito la sua analisi, evidenziando come l’accordo fosse ulteriormente paradossale, considerando che molte cliniche, durante l’emergenza, avevano sospeso i ricoveri programmati e posto la maggior parte del personale in cassa integrazione. Di conseguenza, la loro operatività era stata ridotta al minimo, eppure pretendevano una remunerazione equivalente a un funzionamento a pieno regime e con piena disponibilità del personale. Inoltre, ha aggiunto, il protocollo fu adottato in un periodo in cui gli ospedali pubblici campani stavano progressivamente decongestionandosi, rendendo meno urgente il coinvolgimento di strutture private. La pronuncia del TAR pone così fine a una situazione anomala, in cui, nel cuore di una crisi sanitaria, si prevedeva l’impiego di risorse pubbliche per soddisfare interessi imprenditoriali, anziché tutelare i malati o sostenere chi era in prima linea per salvare vite.
