L’Ombra Lunga del Covid-19: Dolore Cronico Persistente per il 4% dei Pazienti Più Critici
Le conseguenze a lungo termine del Covid-19 vanno oltre la fase acuta, manifestandosi spesso come spossatezza prolungata, difficoltà respiratorie e, in particolare, dolori persistenti a livello articolare, muscolare e toracico, che possono durare settimane o addirittura mesi dopo la diagnosi iniziale. Questa ampia “sindrome post-coronavirus” si stima colpisca, con almeno un sintomo, fino all’80% delle persone che hanno contratto il virus.
Una situazione di particolare allarme riguarda il 4% dei pazienti che hanno affrontato la forma più severa dell’infezione da SARS-CoV-2, necessitando di ricovero ospedaliero, supporto respiratorio o intubazione in terapia intensiva. Nonostante la guarigione dalla malattia acuta, questi individui si ritrovano a gestire sequele dolorose significative e croniche, che perdurano per molti mesi. Solo nella regione Campania, ciò significa almeno 3.000 nuovi casi che si aggiungono ai circa 200.000 residenti già afflitti da condizioni di dolore cronico, come la lombalgia o l’artrosi.
Questa problematica è stata evidenziata da specialisti riuniti in occasione del “X Corso di Alta Formazione sul dolore acuto e cronico, dalla ricerca alla clinica”, evento digitale organizzato dall’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, con la cura di MCM Congressi, svoltosi dal 4 al 6 marzo. Gli esperti hanno sottolineato come, indipendentemente dal Covid-19, il dolore cronico sia in aumento, manifestandosi con maggiore frequenza e in età più precoce, a causa principalmente di stili di vita inadeguati e dell’innalzamento dell’aspettativa di vita. Le sue ramificazioni sono profonde, compromettendo significativamente la produttività, i rapporti sociali e la qualità della vita di chi ne soffre, e scatenando ad esempio ansia o depressione nel 20% dei casi e, in una percentuale altrettanto elevata, problematiche nella sfera sessuale.
La risposta a questa sfida richiede un approccio olistico e multidisciplinare, ora più che mai. Durante l’emergenza Covid-19, numerosi pazienti con dolore cronico hanno subito interruzioni nelle terapie essenziali, rendendo cruciale ripristinare e potenziare la loro presa in carico attraverso team dedicati.
Arturo Cuomo, direttore della Struttura Complessa di Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli e coordinatore scientifico del Corso, ha fornito una definizione chiara: “Per dolore cronico si intende un dolore persistente, di durata superiore ai tre mesi, correlato a un notevole stress emotivo e a una disabilità funzionale e/o fisica. Tale condizione può manifestarsi in modo autonomo, come nel caso della fibromialgia, del dolore pelvico cronico o del colon irritabile, oppure può essere una conseguenza di altre patologie quali tumori, disturbi osteoarticolari o interventi chirurgici.” Cuomo ha poi enfatizzato il nuovo legame con la pandemia: “Stiamo constatando che il dolore cronico può essere anche una sequela diretta del Covid-19: il 4% dei pazienti più severi, quelli che sono stati ospedalizzati e hanno avuto bisogno di assistenza respiratoria o sono stati intubati in terapia intensiva, manifesta dolore cronico settimane o mesi dopo la risoluzione dell’infezione. Questi pazienti vanno ad arricchire la già vasta platea di italiani con dolore cronico, i quali ora più che mai necessitano di un’adeguata e tempestiva gestione.”
In tutta Italia, si stimano circa 2 milioni di persone conviventi con il dolore cronico, di cui una stima di 160.000-200.000 risiedono in Campania. Almeno la metà di questi soffre di sintomatologia dolorosa severa o molto severa. Tuttavia, il dolore cronico non si limita a produrre sintomi fisici, ma incide profondamente sulla qualità della vita, comportando una forte compromissione psicologica, una perdita significativa della produttività e difficoltà nelle interazioni sociali e relazionali. Si calcola, ad esempio, che un paziente su cinque sviluppi ansia e/o depressione, e una percentuale altrettanto rilevante manifesti disturbi a carico della sfera sessuale. Nonostante diagnosi più precoci rispetto al passato permettano un’identificazione più ampia dei casi, l’età media dei pazienti affetti si è paradossalmente abbassata. La diffusione di abitudini di vita poco salutari – come il fumo, la sedentarietà e le posture scorrette – unitamente all’allungamento della vita media, sono fattori che contribuiscono attivamente alla cronicizzazione del dolore.
