Autismo in Campania: Appello per una Nuova Legge Regionale e Risorse Adeguate, al di là della Semplice Consapevolezza.

In occasione della Giornata Mondiale dedicata alla Sensibilizzazione sull’Autismo, l’Avv. Paolo Colombo, Garante per i diritti delle persone con disabilità della Regione Campania, ha energicamente ribadito la necessità imprescindibile che la regione si doti di un nuovo quadro normativo sull’autismo. Questa richiesta giunge dopo l’abrogazione della precedente legge regionale n. 26 del 28 settembre 2017. Parallelamente, il Garante ha sollecitato un incremento sostanziale degli stanziamenti economici destinati a soddisfare le esigenze e a tutelare i diritti delle persone che vivono con un disturbo dello spettro autistico.
Come evidenziato dal Garante, la condizione dello spettro autistico interessa circa seicentomila individui in Italia, con un’incidenza di circa quattromila nuovi casi ogni anno. Sebbene manchino rilevazioni statistiche ufficiali consolidate a livello nazionale, le stime basate su ricerche americane suggeriscono che le persone autistiche costituiscano tra l’1 e il 2 percento della popolazione, con una prevalenza quattro volte superiore nei maschi rispetto alle femmine. Molteplici interrogativi persistono riguardo a questa complessa realtà, le cui origini sono probabilmente genetiche. Essa incide profondamente sulla qualità dell’interazione sociale e sulla comunicazione, sia verbale che non verbale, manifestandosi inoltre attraverso modelli di comportamento, interessi e attività che risultano limitati, ripetitivi e stereotipati. Non di rado, l’autismo può presentarsi in associazione a una disabilità intellettiva, con gradi di severità variabili da lievi a gravi. Esistono altresì manifestazioni atipiche, caratterizzate da sintomatologie comportamentali meno marcate o fluttuanti, talvolta accompagnate da uno sviluppo cognitivo nella norma.
L’individuazione dello spettro autistico si rivela tutt’altro che agevole. Un’iniziativa italiana senza scopo di lucro, Abait, nata dalla collaborazione di associazioni quali Anfass, Angsa e Fish, ha istituito un registro di professionisti specializzati nell’analisi comportamentale, un approccio riconosciuto efficace nella letteratura scientifica e dalle linee guida. Tuttavia, il percorso diagnostico ideale prevede il coinvolgimento di un’équipe multidisciplinare composta da neuropsichiatra, psicologo e terapista.
“Attualmente – prosegue l’Avv. Colombo – non è possibile “guarire” dall’autismo, ma è possibile gestirlo e trattarlo efficacemente. Grazie a interventi mirati, si possono conseguire miglioramenti significativi. I percorsi terapeutici maggiormente accreditati si fondano su approcci farmacologici e interventi psico-educativi e comportamentali, svolti in contesti strutturati, come indicato dalle ‘Linee Guida’ formulate dall’Istituto Superiore di Sanità. Quanto più la diagnosi e gli interventi sono tempestivi, tanto più i risultati tendono a essere positivi. Il punto di partenza e la capacità di riconoscere i primi segnali sono cruciali. Tra questi, nell’ambito del linguaggio, si osservano l’assenza di lallazione fino ai 12 mesi, la mancanza di frasi composte da due parole intorno ai 24 mesi, o il non rispondere quando chiamato per nome. Per quanto riguarda le competenze sociali, si notano la scarsa attenzione verso l’altro fino ai 5 mesi, l’assenza di sorrisi, indicazioni o gesti comunicativi fino a circa 12 mesi, la predilezione per il gioco solitario, l’interesse per il gioco costruttivo a discapito di quello immaginativo, un’eccessiva autonomia apparente, o la tendenza a sembrare immerso in un “mondo tutto suo”.”
Il primo interlocutore per i genitori dovrebbe essere il pediatra di famiglia, il quale potrà indirizzare il bambino a uno specialista. È di fondamentale importanza assicurarsi che il professionista, oltre al titolo accademico (neuropsichiatra o psicologo clinico), possieda una formazione specifica o una comprovata esperienza nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi dello spettro autistico. Il piano terapeutico proposto deve essere intenso, prevedendo un minimo di 6-8 ore settimanali, e specifico, includendo una componente educativa e, se necessario, il supporto di tecnici della riabilitazione come il logopedista.
In sintesi, il Garante conclude che “il lavoro svolto in ambiente domestico rappresenta spesso il pilastro del percorso educativo per un bambino piccolo. Deve essere adeguatamente intensivo, mirato a sviluppare armoniosamente tutte le aree (quali linguaggio, abilità sociali, capacità di gioco, imitazione, autonomie personali) e, ove possibile, integrarsi nel contesto naturale attraverso l’attività ludica. È altresì essenziale prevedere un adeguato supporto ai genitori, per rafforzare le loro competenze genitoriali, offrendo loro ascolto e sostegno con sensibilità.”