Benevento: Avvocato e Cinque Commercialisti Sott’Accusa per Fallimento Doloso
Un’approfondita inchiesta, condotta dalla Procura della Repubblica di Benevento e attuata dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza locale, ha portato all’emissione e all’esecuzione di provvedimenti cautelari interdittivi. Le accuse riguardano diverse fattispecie di reato contemplate dalla Legge Fallimentare (R.D. n. 267/42), tra cui spiccano il fallimento doloso, il fallimento concordatario e la produzione di false attestazioni e relazioni.
Il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Benevento ha notificato tali misure a sei figure professionali di spicco: i commercialisti Mario Porcaro, Andrea Porcaro e Laura Paglia, tutti membri del rinomato studio beneventano capitanato dal primo; Vincenzo Catalano; e Luca Pulcino, un ex commercialista. Coinvolta anche l’avvocata Fabrizia De Nigris, presentata come collaboratrice dello stesso studio Porcaro. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) ha, tuttavia, rigettato richieste simili per una dozzina di altri individui, inclusi professionisti e non.
L’inchiesta ha preso avvio da una segnalazione ai sensi dell’articolo 7 della Legge Fallimentare, pervenuta dal Tribunale di Benevento dopo che una richiesta di concordato preventivo, avanzata da una società, era stata giudicata inammissibile. L’attenzione degli inquirenti si è focalizzata sull’uso improprio delle procedure concordatarie e di riorganizzazione debitoria. Si ipotizza che imprenditori locali, in sinergia con i professionisti coinvolti, abbiano manipolato i tempi procedurali, ostacolando le azioni di recupero crediti, danneggiando i creditori e strumentalizzando gli iter legali per scopi non previsti o devianti rispetto alla loro funzione originaria.
In particolare, su incarico della Procura, il Nucleo PEF della GDF di Benevento ha esaminato una domanda di concordato preventivo presentata da un’impresa attiva nel commercio di materiale ferroso. Questa entità era stata fondata ad hoc a Benevento, operando dallo studio commerciale menzionato. Le verifiche hanno rivelato lacune informative nella fase preparatoria al concordato, carenze di dettagli nelle perizie dei professionisti, e l’impiego di una complessa manovra di fusione tra due società già prive di attivi, seguita dall’incorporazione in una terza entità mai operativa. Infine, la sede legale di questa nuova società (Newco) era stata trasferita a Benevento, dove poi è giunta al fallimento.
Nello specifico, si è ritenuto che il professionista incaricato delle attestazioni avesse deliberatamente trascurato di menzionare un decreto di sequestro preventivo per equivalente, del valore di oltre 21 milioni di euro, emesso nell’ambito di un’indagine transnazionale per frode IVA condotta dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Legnago. Tale provvedimento aveva colpito tutti i beni dell’imprenditore e di due società a lui collegate. Inoltre, è stato accertato che la relazione di stima, redatta ai sensi dell’articolo 160, comma 2, della Legge Fallimentare, ometteva qualsiasi riferimento a questa evidente e significativa questione. Si ipotizza altresì che gli *advisor* che avevano supportato l’azienda richiedente durante la procedura concordataria abbiano posto in essere condotte di favoreggiamento, agendo come *extranei* nei presunti reati fallimentari.
Alla luce di queste scoperte, l’attività investigativa è stata estesa a due importanti gruppi imprenditoriali della zona del Sannio, entrambi in crisi e con rilevanza nazionale, che avevano seguito schemi operativi simili. Le indagini, che hanno incluso l’acquisizione di vasta documentazione (concernente procedure concordatarie e fallimentari, registri contabili delle aziende coinvolte e archivi bancari), oltre a numerose intercettazioni telefoniche e audizioni di testimoni, hanno permesso di raccogliere consistenti prove riguardo a molteplici e complesse condotte fraudolente imputate ai professionisti sotto inchiesta. Queste condotte si sono manifestate principalmente nella costante rappresentazione esterna di una condizione economico-finanziaria dei gruppi imprenditoriali esaminati che non corrispondeva alla realtà. Si è anche assistito a un sistematico depauperamento del patrimonio delle singole società del gruppo, a danno dei creditori, tramite operazioni prive di fondamento economico. Tra queste, si annoverano l’affitto di rami d’azienda, la rinuncia irrevocabile a crediti, e l’acquisto di quote societarie a prezzi gonfiati seguito dalla loro rivendita a costi irrisori dopo pochi mesi. Questi schemi sono stati perpetrati abusando degli strumenti concordatari e di ristrutturazione societaria, con l’unico intento di dilazionare i tempi, bloccando le azioni di recupero da parte dei creditori e, nel contempo, svuotando le aziende in difficoltà.
L’articolata inchiesta ha portato all’identificazione di oltre 40 indagati, tra professionisti e imprenditori. Per un significativo numero di essi, sebbene il GIP non abbia ritenuto necessarie misure cautelari, ha comunque validato l’impostazione accusatoria.
