Ricerca Biogem: Il Ruolo dei Pesticidi nell’Alterazione degli Ormoni Tiroidei

Ricerca Biogem: Il Ruolo dei Pesticidi nell’Alterazione degli Ormoni Tiroidei

La nostra vita quotidiana è intrinsecamente legata all’esposizione a una moltitudine di sostanze inquinanti presenti nell’ambiente. Queste sostanze sono riconosciute come cofattori nello sviluppo di svariate condizioni patologiche umane, inclusi disturbi endocrino-metabolici e oncologici. La loro azione si manifesta attraverso la perturbazione dei livelli e dell’attività ormonale. Tali composti sono etichettati come interferenti endocrini (EDCs) e comprendono categorie come le diossine, i bisfenoli, e una varietà di pesticidi impiegati comunemente nelle pratiche agricole.

Questa comprensione è stata ulteriormente approfondita da uno studio condotto dal laboratorio ‘Geni e Ambiente’ di Biogem, sotto la direzione della professoressa Concetta Ambrosino. La ricerca si è concentrata sugli impatti dei pesticidi organofosfati e carbammati sulla funzionalità endocrino-metabolica, culminando in un articolo scientifico pubblicato sul prestigioso “Journal of Endocrinology”, intitolato ‘Peripheral T3 signaling is the target of pesticides in zebrafish larvae and adult liver’.

Il dottor Marco Colella ha illustrato l’approccio dello studio, affermando: “Abbiamo esaminato le conseguenze dell’esposizione, sia in fase embrionale che prolungata, a specifici pesticidi quali l’etilene-tiourea (ETU) e il clorpirifos (CPF), o a loro miscele, concentrandoci sull’impatto che hanno sul metabolismo e sulla trasduzione del segnale degli ormoni tiroidei all’interno dei tessuti.” Colella ha aggiunto che “la metodologia di ricerca transgenerazionale ha impiegato modelli animali all’avanguardia, come lo zebrafish, monitorandoli in varie tappe del loro sviluppo.” Un’osservazione notevole è stata la rilevazione di steatosi epatica (fegato grasso), la cui frequenza variava tra i sessi e in relazione ai livelli di ormone tiroideo attivo (T3) presenti nell’organo. “Ma i dati più significativi,” ha sottolineato Marco Colella, “sono emersi dalla prole (generazione F2) di esemplari esposti, i quali non avevano avuto un contatto diretto con il pesticida.” “Questi risultati,” ha concluso, “potrebbero fornire una spiegazione per la molteplicità degli effetti (pleiotropici) e la loro specificità di sito, esercitati da questi composti.”