Protesta in corso al carcere di Bellizzi Irpino: I detenuti chiedono accelerazione delle riforme e migliore assistenza sanitaria

Protesta in corso al carcere di Bellizzi Irpino: I detenuti chiedono accelerazione delle riforme e migliore assistenza sanitaria

I reclusi della Casa Circondariale di Bellizzi Irpino hanno avviato una significativa protesta, manifestando con uno sciopero della fame e della spesa. La loro mobilitazione mira a sollecitare il Governo ad accelerare l’implementazione della “Riforma Orlando”, un pacchetto di interventi normativi destinato a modernizzare il sistema penitenziario.

Al centro delle loro rivendicazioni vi sono, in particolare, l’adozione e il potenziamento di misure alternative alla detenzione, considerate essenziali per mitigare il cronico sovraffollamento delle carceri. Chiedono inoltre un sostanziale miglioramento delle cure e dei percorsi di trattamento dedicati alla popolazione carceraria, unitamente a una maggiore enfasi sull’iter di reinserimento sociale. L’obiettivo è chiaro: fornire strumenti concreti per arginare il fenomeno della recidiva e favorire una riabilitazione autentica.

Un’ulteriore e pressante preoccupazione riguarda la qualità dell’assistenza sanitaria all’interno delle strutture detentive. Troppi sono, infatti, i casi di presunta negligenza medica e disservizi sanitari segnalati in tutta Italia. La provincia di Avellino non costituisce un’eccezione, avendo registrato episodi che hanno generato ampia discussione e sollevato interrogativi sulla reale efficacia del trattamento sanitario riservato ai detenuti. Tra questi, si ricordano la tragica morte di un trentenne sopraggiunta in carcere poco dopo il suo arresto alla vigilia di Natale, e il decesso di un sessantottenne di Taurano, la cui famiglia sostiene che un tumore non sia stato adeguatamente curato durante la sua reclusione.

Attraverso una nota che sarà prossimamente recapitata alla direzione della struttura penitenziaria, i detenuti lanciano un accorato appello: “Chiediamo, per l’ennesima volta, ai nostri governanti e a tutte le istituzioni di non spegnere la speranza che un giorno si possano realizzare forme di detenzione più eque, più umane e, soprattutto, meno degradanti”.