Mastella: Il CSM ostacolò Falcone, un monito sulla credibilità della giustizia
Giovanni Falcone si ritrovò, di fatto, in una condizione di isolamento. Spesso tendiamo a focalizzarci sui Consigli Superiori della Magistratura più recenti, tralasciando il forte dibattito che, in quel frangente storico, animava il “Palazzo dei Marescialli”. Il giudice Falcone subì un grave impedimento o fu seriamente penalizzato dall’azione del Consiglio Superiore della Magistratura di quell’epoca. Ricordo che persino Leoluca Orlando, che definisco mio amico, figurava tra i più strenui oppositori di Falcone. La radice di tale avversione risiedeva nella profonda indipendenza di Falcone, evidente, ad esempio, nella sua collaborazione con Martelli presso il Dipartimento penale del Ministero della Giustizia. Per questo motivo, egli fu avversato anche da settori della magistratura più inclini al protagonismo, i quali probabilmente si aspettavano da Falcone una qualche forma di acquiescenza alle loro ragioni di “militanza”, un’adesione che il giudice si rifiutò categoricamente di concedere. Falcone era un magistrato autenticamente autonomo.
Così si esprime Clemente Mastella, attuale sindaco di Benevento ed ex ministro della Giustizia. “Falcone e Borsellino,” prosegue Mastella, “sono stati elevati a simbolo e paradigma di una condotta magistratuale esemplare, un modello la cui risonanza perdura tuttora. A questo illustre duo, aggiungerei la figura di Rosario Livatino. Che si sia laici o credenti, l’essenziale è che il magistrato operi con piena autonomia, esercitando la propria funzione con rigore ma sempre con equilibrio e serenità nel giudizio. La magistratura odierna dovrebbe trarre ispirazione da queste figure per ristabilire la fiducia e la credibilità perdute agli occhi della cittadinanza.”
