Il Labirinto dei Rifiuti a Benevento: Strategie di Procrastinazione e Interessi Celati
Lo scorso 18 maggio, la nostra istanza ha sollecitato un autorevole intervento del prefetto Torlontano, mirato a garantire il rispetto, da parte dell’Ato Rifiuti, della Legge regionale n. 14 del 26 maggio 2016. La pronta azione del prefetto, cui va la nostra gratitudine, ha generato una reazione da parte dell’Ato: un voluminoso documento di cinque pagine. Come osservato da eminenti figure intellettuali che hanno analizzato a fondo le dinamiche comunicative, il non detto spesso assume un peso maggiore del dichiarato, e le espressioni linguistiche possono talvolta servire più a celare le vere intenzioni che a palesarle. È in questa luce che la replica del presidente Iacovella al Prefetto appare intrisa di una miriade di parole volte a dissimulare le sue dirette responsabilità nella paralisi che affligge l’Ato. Questa inazione impedisce il completamento del ciclo integrato dei rifiuti attraverso la realizzazione delle infrastrutture necessarie, in particolare l’impianto per il trattamento della frazione organica. Quest’ultima rappresenta non solo la componente più inquinante, ma anche la più onerosa in termini di gestione, trasporto e smaltimento, gravando pesantemente sui conti dell’ASIA e, di conseguenza, sui cittadini, i quali si trovano a sostenere una delle tassazioni più elevate a livello nazionale.
In tale contesto, il presidente Iacovella ha deliberatamente omesso di evidenziare che la Regione Campania ha da tempo destinato 14,8 milioni di euro per la costruzione a Casalduni di un impianto di compostaggio dedicato al trattamento e alla valorizzazione della frazione organica. Sorprende la sua posizione, dato il palese conflitto di interessi: egli, infatti, in qualità di sindaco di Casalduni e presidente dell’Ato, si oppone strenuamente a tale progetto, promuovendo invece l’insediamento di un biodigestore con inceneritore integrato in un altro comune. Parallelamente, Iacovella addita ben cinquantotto sindaci, accusandoli di rallentare la formulazione del Piano d’Ambito, sostenendo una mancata fornitura di dati essenziali. Tale condotta, se confermata, rappresenta una grave negligenza nell’esercizio delle funzioni pubbliche, un’omissione che appare strumentale e direttamente riconducibile all’intento dei sindaci di prolungare indefinitamente i tempi di approvazione del Piano d’Ambito. L’approvazione di quest’ultimo, infatti, priverebbe i Comuni della gestione diretta della raccolta e del trasporto dei rifiuti, oggi affidati in modo discrezionale a cooperative e aziende di loro gradimento. Una prassi questa che non solo può generare irregolarità, ma apre anche la porta a seri rischi di illeciti vantaggi economici.
L’esempio del Comune di Limatola è emblematico: l’ex sindaco è stato rinviato a giudizio, accusato dal sostituto procuratore Francesco Saccone e dalla Guardia di Finanza di abuso d’ufficio. L’accusa riguarda l’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti, con il vice procuratore che ha evidenziato come le assegnazioni e le proroghe successive, deliberate senza alcun ricorso a procedure di evidenza pubblica, abbiano generato un illecito beneficio economico di 1 milione e 220 mila euro a favore della cooperativa privilegiata. Questa modalità di affidamento diretto a cooperative e società, spesso accompagnata da molteplici proroghe sancite da decine di delibere, rappresenta una consuetudine radicata in numerosi comuni sin dal 2010. La deliberata paralisi dell’Ato Rifiuti Benevento, che sembra essere perseguita con metodo, è stata pubblicamente stigmatizzata anche dal sindaco di Apollosa, Marino Corda, il quale ha apertamente dichiarato che “Se l’Ato non funziona è soprattutto perché i sindaci non vogliono che funzioni”. A riprova di queste difficoltà, si rammenta come la Regione dovette intervenire, già nell’aprile 2020, paventando un commissariamento dell’Ato, al fine di sollecitare l’approvazione della Relazione di Indirizzo Programmatico, che avvenne soltanto a giugno dello stesso anno.
Ci si interroga, dunque, sul perché si persista nel tentativo di posticipare a ogni costo la redazione e la presentazione del Piano d’Ambito, un atto irrinunciabile per la definitiva chiusura del ciclo integrato dei rifiuti nella nostra provincia. Le conseguenze, sia economiche che organizzative, sono ormai gravose e perdurano da anni. L’ostinazione del presidente dell’Ato contro la realizzazione dell’impianto di riciclo della frazione organica a Casalduni si ripercuote direttamente anche sui lavoratori dello STIR, i quali vivono da tempo in condizioni di grave disagio economico. Riguardo al destino degli ex dipendenti dei Consorzi BN1, BN2 e BN3, la cui sorte è stata uno dei motivi che ci ha spinto a richiedere l’intervento prefettizio, il presidente Iacovella ha accuratamente evitato di fornire chiarimenti espliciti. Tuttavia, tra le righe delle sue dichiarazioni, si intuisce che un loro eventuale impiego sarebbe limitato all’ambito impiantistico. Poiché nessuno di questi lavoratori possiede le qualifiche e i livelli professionali richiesti per tale settore, si nutre una profonda inquietudine per la loro prospettiva occupazionale.
La criticità rappresentata dalla prolungata stagnazione dell’Ato non è una questione circoscritta esclusivamente agli ex dipendenti dei Consorzi e a quelli dello STIR; essa investe l’intera comunità, generando un’ampia serie di effetti negativi. Si tratta di una delle sfide politiche più pressanti e significative che i futuri candidati a sindaco dovranno affrontare, trovandosi dinanzi a una situazione emergenziale in costante peggioramento. Tali complessità scaturiscono da una deliberata strategia di rinvio, che, tra l’altro, alimenta tentativi di natura speculativa. Ne è prova lampante il progetto per un biodigestore con inceneritore integrato, un impianto ad alto consumo energetico e fortemente inquinante, proposto nella zona ASI di Ponte Valentino e ardentemente sostenuto dall’Ato in chiara contrapposizione all’impianto di compostaggio anaerobico già finanziato dalla Regione, come chiaramente documentato alle pagine 88 e 89 della citata Relazione. È imperativo che la classe politica intervenga con determinazione per porre fine a questo scandalo di proporzioni colossali, che da anni grava in modo inaccettabile sui contribuenti beneventani. Per queste fondate e gravi ragioni, si rinnova con fermezza la richiesta di un immediato allontanamento, attraverso un provvedimento di commissariamento da parte della Regione, del presidente e del direttore generale dell’Ato Rifiuti.
Marcelo Amendola, Segretario Nazionale
Piero Mancini, Delegato Provinciale
