Ci dispiace, ma ti SOSPENDIAMO | In Italia rischi di perdere il posto se sei disordinato, ti scoprono anche tra le quattro mura

Uomo triste - foto freepik - retesei.com
Novità per tutti i professionisti, in particolare avvocati e commercialisti: la mancata attivazione o il malfunzionamento della propria PEC può comportare la sospensione dall’albo professionale.
Può sembrare una misura eccessiva, ma il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha chiarito che una casella di posta elettronica certificata non funzionante — perché piena, scaduta o non più valida — equivale, a tutti gli effetti, a una mancata comunicazione del domicilio digitale all’Ordine di appartenenza.
In pratica, avere una PEC inattiva è come non averla affatto. E questo, secondo la normativa vigente, costituisce una violazione disciplinare che può portare alla sospensione temporanea dall’esercizio della professione. Il riferimento normativo è l’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 185 del 2008, che obbliga tutti gli iscritti a un albo a comunicare e mantenere attivo il proprio domicilio digitale, cioè l’indirizzo PEC attraverso cui ricevere comunicazioni ufficiali da parte dell’Ordine e delle istituzioni.
Finora molti professionisti avevano sottovalutato l’importanza di questo aspetto, considerandolo un dettaglio burocratico. Ma il CNDCEC ha voluto ribadire che non si tratta di una formalità: il domicilio digitale è uno strumento essenziale di contatto e di trasparenza. Se un Ordine invia una comunicazione o un atto disciplinare via PEC, ma la casella risulta piena o disattivata, l’iscritto di fatto impedisce la ricezione di documenti ufficiali. Per questo la mancata manutenzione della casella è considerata alla stregua di una violazione grave.
Come funziona la procedura? In caso di casella non funzionante, l’Ordine territoriale invierà una diffida al professionista, concedendogli trenta giorni di tempo per regolarizzare la situazione. Se entro questo termine la PEC non viene riattivata o sostituita con una funzionante, scatta la sospensione automatica dall’albo fino a quando non viene sanato l’obbligo. In altre parole, non basta riattivare la PEC in ritardo: serve dimostrare di aver ripristinato il corretto domicilio digitale per tornare a esercitare.
Controlli regolari della PEC
Il principio alla base di questa decisione è semplice: in un’epoca in cui le comunicazioni ufficiali avvengono ormai quasi esclusivamente in forma telematica, un professionista deve garantire di poter essere sempre raggiunto dalle autorità competenti. Una PEC inattiva crea un “buco comunicativo” che può danneggiare non solo l’Ordine, ma anche i clienti e i tribunali che devono notificare atti o documenti importanti.
La raccomandazione, dunque, è chiara: controllare regolarmente la propria casella PEC, verificare che non sia piena, aggiornarla in caso di cambio fornitore e, soprattutto, assicurarsi che sia correttamente comunicata all’Ordine. Alcuni consigli pratici possono aiutare a evitare problemi: impostare notifiche automatiche quando la casella si avvicina alla capacità massima, verificare la scadenza del servizio, e mantenere un archivio ordinato dei messaggi inviati e ricevuti.

Maggiore responsabilità digitale
Questa misura, pur severa, vuole promuovere una maggiore responsabilità digitale tra i professionisti. La PEC non è più un semplice strumento tecnico, ma un vero e proprio requisito per esercitare. In un sistema sempre più digitalizzato, trascurare la propria posta certificata può costare caro: basta una casella piena o scaduta per ritrovarsi, letteralmente, fuori dall’albo.
Meglio quindi prevenire con un piccolo controllo periodico che dover affrontare le conseguenze di una sospensione inattesa.