Caso pandoro, Chiara Ferragni risarcisce con 500 euro la pensionata di Avellino che le chiedeva i danni
Torna alla ribalta il Pandoro-Gate - pexels - retesei
Recentemente il cosiddetto “Pandoro-gate” che ha coinvolto Chiara Ferragni è tornato al centro dell’attenzione
Dopo settimane di dibattiti e titoli di giornale, è arrivata una piccola ma significativa novità: la pensionata di Avellino che aveva chiesto i danni all’imprenditrice digitale ha accettato un risarcimento di 500 euro, chiudendo così la sua vicenda personale con l’influencer più famosa d’Italia.
Tutto era iniziato con il lancio del “pandoro rosa”, un dolce natalizio prodotto da Balocco (oggi Cerealitalia) in collaborazione con Ferragni. Il prodotto, venduto a un prezzo di circa 9 euro, era accompagnato da una campagna che lasciava intendere che parte del ricavato sarebbe stata destinata in beneficenza all’Ospedale Regina Margherita di Torino. Molti consumatori, come la signora di Avellino, avevano deciso di acquistarlo anche per quel motivo: un gesto di solidarietà, oltre che un acquisto “di tendenza”.
Col tempo, però, è emerso che la donazione non era legata al numero di pandori venduti. In realtà, si trattava di un contributo unico, versato da Balocco prima ancora che la collaborazione con Ferragni venisse annunciata. Da qui la polemica: molti hanno ritenuto che la campagna pubblicitaria fosse fuorviante, e che avesse sfruttato l’immagine della beneficenza per incrementare le vendite. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva poi multato Ferragni per pratica commerciale scorretta, mentre la magistratura milanese ha avviato un’indagine penale per truffa aggravata.
La pensionata, 76 anni, è stata una delle poche persone comuni a muoversi legalmente contro l’influencer. Aveva comprato una decina di pandori, spendendo circa 90 euro, convinta di contribuire a una buona causa. Delusa nel sapere che la donazione non dipendeva dalle vendite, aveva chiesto un risarcimento per danni patrimoniali e morali. Ora, dopo mesi di trattative, la vicenda si è chiusa con un accordo extragiudiziale: Ferragni ha risarcito la donna con 500 euro. La signora, soddisfatta, ha ritirato la propria costituzione come parte civile e non parteciperà più al processo.
Interrogativi a 360 gradi
L’episodio, pur limitato dal punto di vista economico, solleva interrogativi più ampi. Quanto è lecito mischiare marketing e beneficenza? E fino a che punto i consumatori possono fidarsi di campagne che si presentano come “solidali”?
In un’epoca in cui l’immagine conta tanto quanto il prodotto, la trasparenza diventa fondamentale. Non si tratta solo di pubblicità ingannevole, ma di fiducia: quella di chi acquista non solo un pandoro, ma l’idea di fare del bene.

Pandoro-gate: un caso emblematico
Intanto, il procedimento principale contro Chiara Ferragni prosegue. Le prossime udienze sono fissate tra novembre e dicembre, e una sentenza potrebbe arrivare nel 2026. L’influencer, da parte sua, ha più volte ribadito di voler “fare chiarezza” e di aver agito in buona fede.
La storia del “pandoro rosa” resta così un caso emblematico del nostro tempo: un intreccio tra business, immagine e solidarietà, che mostra quanto sia sottile il confine tra comunicazione e manipolazione. E ricorda che, anche nel mondo scintillante dei social, la fiducia del pubblico è un bene fragile, difficile da riconquistare una volta perso.
