“Scappa finché puoi!” | La città con più DEPRESSI d’Italia è stata svelata: ecco la classifica UFFICIALE
Depressione - pexels - retesei
C’è qualcosa, ultimamente, che si sente nell’aria. Non è solo stanchezza, non è soltanto la solita fretta.
È quella sensazione sottile che ti accompagna anche quando le cose sembrano andare bene: ti alzi, lavori, sorridi, ma sotto c’è un piccolo vuoto che non sai spiegare. Un senso di pesantezza che non ha un volto preciso, ma che ti segue per tutto il giorno.
Molti lo chiamano stress, altri lo liquidano come un periodo “no”. Eppure, quando le giornate iniziano a sembrare tutte uguali, quando dormire non basta più per sentirsi riposati, forse non si tratta solo di routine o fatica. Forse è qualcosa di più profondo, che piano piano si è fatto strada nella vita di tanti.
La verità è che, oggi, sempre più persone vivono un disagio silenzioso. Non si vede, non si dice, ma si avverte ovunque: sui mezzi pubblici pieni, nei corridoi degli uffici, tra le notifiche del telefono. E non riguarda solo chi “ha problemi”, ma anche chi, in apparenza, ha tutto sotto controllo. È come se la società moderna ci avesse dato mille strumenti per comunicare, ma avesse tolto lo spazio per ascoltarci davvero.
A raccontarlo con chiarezza sono i numeri. Una recente ricerca condotta da Unobravo, una piattaforma che offre supporto psicologico online, ha svelato un quadro sorprendente — e, in parte, preoccupante. Nel primo quadrimestre del 2024, le richieste di aiuto psicologico sono aumentate del 109,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un dato che parla da solo.
Le donne chiedono più aiuto degli altri
E chi chiede aiuto? Soprattutto donne (circa il 66%) e giovani tra i 25 e i 34 anni. Una generazione che corre, lavora, sogna, ma che spesso si sente schiacciata dal peso delle aspettative, dalla precarietà, dalla continua corsa verso risultati sempre più alti. La Lombardia guida la classifica delle regioni con più richieste di supporto, seguita da Lazio, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte. Segno che il disagio non è isolato, ma diffuso e trasversale.
Il malessere più frequente? Quello legato al lavoro: troppa pressione, poche certezze, equilibrio precario tra vita professionale e privata. Ma non solo. Anche il senso di solitudine, la paura di non essere “abbastanza”, la difficoltà a gestire ansie e aspettative sono diventati compagni quotidiani di molti italiani. Eppure, in tutto questo, c’è anche una notizia positiva: sempre più persone scelgono di chiedere aiuto. Non si chiudono più nel silenzio, non si vergognano a dire “non sto bene”. Parlare con uno psicologo, oggi, non è più un tabù ma un atto di coraggio e di consapevolezza.

Ammettere il problema aiuta a risolverlo
Forse il primo passo per stare meglio è proprio questo: ammettere che il malessere esiste e che non va ignorato. La ricerca ci dice che l’Italia è più triste di quanto voglia ammettere, ma ci mostra anche che qualcosa sta cambiando. Perché riconoscere il proprio disagio non è un segno di debolezza, ma l’inizio di una nuova forza.
In fondo, la vera rivoluzione non è lavorare di più, ma imparare a fermarsi. Ascoltarsi, respirare, prendersi cura di sé. Perché la felicità, quella vera, non si misura con la produttività o i successi: si misura con la pace che senti quando chiudi gli occhi e, finalmente, ti senti leggero.
