Il Crepuscolo dell’Educazione: Un Appello alla Riflessione
Come osservatore del panorama educativo, senza la pretesa di rivestire il ruolo di pedagogo, mi sento in dovere di offrire una prospettiva non filtrata. Il contesto scolastico contemporaneo è sempre più spesso macchiato da allarmanti episodi di violenza. Ne è prova lampante il recente, agghiacciante evento verificatosi presso l’Istituto “Ettore Majorano” di Santa Maria a Vico (Caserta): una docente di Montesarchio ha dovuto subire ben 32 punti di sutura per una profonda lacerazione alla guancia, estesa dall’occhio alla bocca, inflittale da uno studente.
Questi fatti sono indicativi di una preoccupante e continua erosione del rapporto tra insegnanti e discenti. L’ambiente scolastico, che dovrebbe essere un santuario di sapere, si trasforma sempre più in un’arena di scontro, dove i professori si trovano costretti a fronteggiare i propri alunni. L’aria che si respira oggi nelle nostre scuole è intrisa di scetticismo, profonda disillusione e una palpabile amarezza.
Eppure, la scuola è per eccellenza il tempio dell’educazione, il luogo dove si acquisiscono i valori imprescindibili della vita e dove la personalità del futuro cittadino prende forma. Invece, tra queste mura, si vivono e si consumano con allarmante frequenza le situazioni più irragionevoli e angoscianti: l’uso sfacciato dei telefoni cellulari, episodi di bullismo dilagante, violenze di ogni genere, e docenti che subiscono umiliazioni, oltraggi e talvolta anche percosse. La misura è colma! Non sorprende che molti educatori, provati e moralmente esauriti, attendano con ansia il momento del pensionamento.
Gli studenti, a ogni livello, non dovrebbero perseguire il solo obiettivo di ottenere un “pezzo di carta”. La scuola merita di essere valorizzata e amata non solo per i suoi contenuti didattici, ma anche e soprattutto per i suoi riti, i suoi tempi e i suoi ritmi intrinseci; essa è, a ragione, “progresso, speranza e gloria del mondo”. È altresì fondamentale che i genitori cessino di essere protettori incondizionati dei figli, difendendoli sistematicamente dalle giuste rimostranze degli insegnanti. Un tale atteggiamento rivela una presunzione e una mancanza di educazione altrettanto gravi. L’amore filiale non può e non deve essere confuso con l’accettazione passiva di metodi didattici inappropriati o con la svalutazione dei principi del sapere.
Il mio pensiero torna agli anni della mia formazione scolastica. Si viveva un’atmosfera profondamente diversa: oltre all’impegno nello studio, vi era un rispetto immenso per l’ambiente didattico, ma soprattutto per gli insegnanti. Verso di loro si nutriva un sentimento di stima e affetto quasi reverenziale.
In definitiva, è doveroso affermare: o gli studenti rimettono in discussione il proprio comportamento e impegno, o ci troviamo di fronte a un fallimento epocale delle nuove generazioni e dell’intero sistema scolastico. Le conseguenze logiche sarebbero la creazione di una società popolata da individui impreparati e, di fatto, da delinquenti.
Ricordiamo, se non altro, la celebre massima di Seneca, sempre di straordinaria attualità: “Non scholae sed vitae discimus” (Non impariamo per la scuola, ma per la vita). E il grande De Amicis ci ammoniva: “I tuoi libri sono le tue armi, la tua classe è la tua squadra, il campo di battaglia è la terra intera e la vittoria è la civiltà umana. Non essere un soldato codardo.”
