Avellino: Nuovi sequestri di cellulari in carcere, la Polizia Penitenziaria chiede misure urgenti contro un traffico inarrestabile.
A pochi giorni dal rilevamento, da parte della Polizia Penitenziaria, di ben quattordici telefoni cellulari abilmente celati in un contenitore di ragù destinato a un detenuto del carcere di Avellino, l’istituto penitenziario irpino torna al centro dell’attenzione per un altro importante sequestro operato dai Baschi Azzurri. Emilio Fattorello, segretario regionale campano del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPe), ha reso noto che “ieri, primo aprile, sempre all’interno di un pacco per le festività pasquali, sono stati rinvenuti ulteriori apparecchi telefonici”. Questa volta sono stati scoperti otto dispositivi, nello specifico cinque smartphone e tre micro-cellulari, corredati da quattro cavetti USB e sei schede SIM. Il tutto era ingegnosamente occultato in confezioni contenenti piatti di plastica. La notevole abilità e la perspicacia professionale del personale di Polizia Penitenziaria incaricato del controllo dei pacchi postali si rivelano cruciali per interrompere questo incessante flusso di traffico illecito di telefonini tra l’esterno e l’interno della struttura detentiva.
La problematica dei cellulari di contrabbando all’interno delle carceri persiste, rappresentando una sfida considerevole. L’introduzione del reato previsto dall’articolo 391-ter del Codice Penale, che prevede severe sanzioni per chi introduce o detiene telefoni cellulari negli istituti penitenziari, ha spinto i responsabili di questi traffici a escogitare modalità di ingresso sempre più sofisticate e difficilmente identificabili. Tra queste si annoverano l’impiego di droni e i lanci dall’esterno, ove gli spazi delle carceri lo consentano, così come l’utilizzo dei pacchi postali, mezzo particolarmente sfruttato nei periodi precedenti alle festività.
Per fronteggiare efficacemente questa diffusa illegalità, è essenziale condurre un’analisi approfondita degli eventi critici correlati ai traffici di cellulari e droga, al fine di individuare le principali vie di accesso statisticamente comprovabili. L’Amministrazione Penitenziaria è pertanto chiamata ad adottare i dovuti e necessari provvedimenti, e proprio in considerazione dell’elevato numero di sequestri specifici, si rende indispensabile una revisione delle procedure e delle norme relative alla ricezione dei pacchi postali e del loro contenuto. Questo è cruciale per garantire l’ordine e la sicurezza, la cui validità è palesemente messa in discussione, come visibile sui social media, dal proliferare di immagini provenienti impunemente e con ostentazione dall’interno dei penitenziari, veicolando messaggi che testimoniano una crescente erosione dell’autorevolezza delle Istituzioni. Il SAPPe Campania esprime vivo apprezzamento al personale adibito al controllo dei pacchi postali della Casa Circondariale di Avellino, il quale, pur operando in condizioni lavorative critiche e precarie sotto molti aspetti, riesce a garantire la legalità senza riserve.
Donato Capece, segretario generale del SAPPE, rivolge un appello incisivo al Ministero della Giustizia e a tutte le Istituzioni, con particolare riguardo alla classe politica. Sottolinea l’urgente necessità di efficaci deterrenti per stroncare il traffico illecito e inibire l’uso di telefoni cellulari in carcere. Tra le misure imprescindibili, cita la schermatura di tutte le sezioni detentive e di ogni altra area carceraria frequentata dai detenuti, nonché il potenziamento degli organici della Polizia Penitenziaria. Capece evidenzia come, fino a tempi recenti, detenere e utilizzare illecitamente un telefono cellulare in carcere non comportasse alcuna conseguenza per i trasgressori, una situazione ritenuta inaccettabile. Urgono, pertanto, provvedimenti legislativi e aggravanti disciplinari che, da un lato, inaspriscano le pene per chi tenta di introdurre telefonini in carcere e, dall’altro, per chi li detiene irregolarmente.
Capece critica inoltre apertamente il sistema di “vigilanza dinamica” e il regime penitenziario “aperto” a favore dei detenuti, che a suo dire compromettono i controlli da parte della Polizia Penitenziaria. Si interroga sull’efficacia e sul senso rieducativo di consentire ai detenuti di trascorrere molte ore al giorno fuori dalle celle senza svolgere alcuna attività significativa, affermando che “il dato oggettivo è che con la vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto gli eventi critici sono aumentati”.
