Avellino: Sequestro di Oltre Mezzo Milione di Euro e Arresti Domiciliari per Imprenditore Accusato di Massiccia Frode Fiscale
Nella giornata odierna, la Guardia di Finanza di Avellino ha dato esecuzione a un provvedimento giudiziario che ha disposto gli arresti domiciliari e un decreto di sequestro preventivo di beni. L’ammontare complessivo dei beni bloccati, finalizzato alla confisca anche per equivalente, è pari a 515.047,00 euro. Tali misure sono state emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Avellino su richiesta dell’Ufficio della Procura locale, nei confronti di A.R.
L’individuo è gravemente indiziato di aver orchestrato un elaborato sistema di evasione fiscale. Le accuse principali includono l’emissione sistematica di fatture per operazioni inesistenti, la dissimulazione della contabilità obbligatoria e la mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi. Le indagini hanno rivelato una base imponibile fittizia di oltre 3,2 milioni di euro, con un’IVA evasa che supera i 723 mila euro, per un totale di transazioni simulate pari a oltre 4 milioni di euro. Il sequestro di circa 515 mila euro mira a recuperare i profitti illeciti derivanti da tale condotta fraudolenta.
L’inchiesta, coordinata dalla Procura della Repubblica di Avellino e condotta dalla Compagnia della Guardia di Finanza locale, ha avuto origine da un controllo fiscale approfondito a carico di una delle società di cui l’indagato ricopriva il ruolo di rappresentante legale. Gli accertamenti di polizia giudiziaria hanno svelato che, nel periodo esaminato, l’imprenditore aveva messo in atto un sofisticato meccanismo di frode denominato “carosello”. Questo schema prevedeva la costituzione di diverse “società cartiere” o “fantasma”, create con l’unico scopo di consentire ad altre imprese complici di sottrarsi sistematicamente al pagamento dell’IVA e di dichiarare costi in realtà mai sostenuti o illecitamente deducibili ai fini delle imposte sui redditi.
In particolare, l’indagato avrebbe costituito una serie di aziende che, nel periodo sotto osservazione, non hanno mai svolto alcuna attività commerciale genuina. La loro unica funzione era quella di fungere da intermediari fittizi nel complesso meccanismo di applicazione dell’IVA. Attraverso queste entità, venivano simulate, per conto di imprese “compiacenti”, acquisti e vendite di beni a elevato rischio di frode, quali telefoni cellulari, prodotti elettronici e pedane in legno. Questo avveniva mediante l’abuso dell’istituto del *reverse charge*, previsto dalla normativa IVA per specifiche categorie di beni, con le “cartiere” che si interponevano in modo fraudolento tra il cliente finale e il vero fornitore della merce (fenomeno noto come “fatturazione soggettivamente inesistente”).
Non solo, l’imprenditore, sempre in complicità con altre aziende, ha perpetrato ulteriori frodi al fisco attraverso la simulazione diretta di prestazioni di servizi mai realmente erogate, come ad esempio servizi di pulizia. Anche in questo scenario, le società “cartiere”, appositamente create, hanno giocato un ruolo cruciale, emettendo una moltitudine di fatture per operazioni puramente fittizie. Questo ha permesso alle terze imprese colluse di evadere in maniera significativa e sistematica l’IVA sugli acquisti di servizi e, di conseguenza, di ridurre illecitamente i propri redditi imponibili ai fini dell’imposizione diretta (caso di “fatturazione oggettivamente inesistente”).
Per ostacolare le indagini e rendere estremamente difficile, se non impossibile, la ricostruzione dell’intera architettura della frode fiscale, l’indagato avrebbe provveduto alla distruzione o comunque all’occultamento della documentazione contabile obbligatoria delle imprese coinvolte.
