Tragedia A16: la difesa imputa la causa del disastro ai freni del bus, non alle barriere.
Il tragico sinistro del 28 luglio 2013, nel quale persero la vita quaranta individui a seguito della caduta di un autobus dal viadotto “Acqualonga” sull’autostrada A16 Napoli-Canosa, in territorio avellinese, non sarebbe riconducibile – come ipotizzato – a una carente manutenzione delle protezioni stradali. Questa tesi è stata avanzata dai consulenti tecnici della società Autostrade Spa durante il processo in corso presso il tribunale di Avellino, nel corso del controinterrogatorio condotto dall’accusa.
Gli esperti Francesco La Torre, Lorenzo Domenichini, Marco Anghileri e Dario Tangi, ognuno per il proprio settore di specializzazione, hanno risposto alle interrogazioni del Pubblico Ministero Cecilia Annecchini, reiterando con fermezza che, qualora il sistema di frenata del veicolo fosse stato operativo, il pullman si sarebbe arrestato ben prima di violare le difese laterali e precipitare. Nello specifico, i tecnici della difesa hanno confutato l’argomentazione relativa all’usura dei “tirafondi” (gli ancoraggi che fissano la barriera al terreno), sostenendo che tale usura non avrebbe compromesso la stabilità della struttura. Hanno chiarito che questi elementi sono stati rinvenuti spezzati *dopo* l’impatto del mezzo pesante, e che la loro unica funzione è quella di contenere lo spostamento laterale in caso di collisione.
I medesimi specialisti della difesa hanno altresì riconfermato la sequenza degli eventi che ha condotto il pullman a urtare la barriera: la sua spinta sarebbe stata causata da un “effetto cuneo” generatosi in seguito al tamponamento di una vettura BMW che viaggiava nella medesima corsia.
L’esame incrociato condotto dalla parte accusatoria proseguirà nella successiva sessione processuale, già calendarizzata per il 7 febbraio. Il procedimento giudiziario, avviato il 28 settembre 2016 dinanzi al giudice unico di Avellino, Luigi Buono, coinvolge quindici imputati chiamati a rispondere, ciascuno per le proprie responsabilità, delle accuse di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e falsità in atto pubblico. Quest’ultima fattispecie di reato si riferisce alla simulazione dell’attestazione di revisione del mezzo. Tra gli indagati figurano anche l’amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci, e il direttore generale Giovanni Mollo.
