Calenda ad Avellino: “Se fossi un elettore campano voterei scheda bianca”
        Urna elettorale - pexels - retesei
Negli ultimi giorni, Carlo Calenda, leader del partito Azione, ha fatto molto parlare di sé per le sue dichiarazioni sulla situazione politica in Campania.
Durante un incontro pubblico ad Avellino, l’ex ministro ha detto chiaramente che, se fosse un elettore campano, “voterebbe scheda bianca”. Una frase forte, che ha subito acceso il dibattito e riaperto la discussione sullo stato della politica regionale.
Ma cosa ha voluto dire davvero Calenda? Secondo lui, la politica in Campania non è più una questione di idee o di programmi, bensì di “famiglie e clientele”. Nelle sue parole, le liste che si stanno formando per le prossime elezioni regionali sembrano più il risultato di accordi tra poteri locali che non di una reale proposta di cambiamento. “Con Fico si presentano i figli di Mastella, i figli di De Luca… questa è politica? È la ragione per cui la politica sta morendo”, ha dichiarato con tono deciso.
Il leader di Azione ha quindi confermato che il suo partito non presenterà una propria lista in Campania, proprio per non partecipare a un sistema che, secondo lui, perpetua le stesse logiche di sempre. È una scelta di coerenza, ma anche di rottura: Calenda preferisce restare fuori dalla competizione piuttosto che “legittimare un modo sbagliato di fare politica”.
Durante il suo intervento, l’ex ministro ha toccato anche temi economici. Ha espresso preoccupazione per la crisi dell’industria automobilistica e per i costi dell’energia, che – a suo dire – stanno mettendo in difficoltà molte imprese del Sud. “Serve serietà”, ha detto, “e non si può pensare di risolvere i problemi nominando solo i soliti nomi, figli o amici di qualcuno”.
Opinione pubblica divisa in due
Le parole di Calenda hanno diviso l’opinione pubblica. Da un lato, molti hanno apprezzato il suo coraggio nel dire quello che tanti pensano: che la politica campana, troppo spesso, è prigioniera di reti di potere e favoritismi. Dall’altro, c’è chi lo accusa di essersi tirato fuori troppo facilmente, rinunciando a proporre un’alternativa concreta proprio dove ci sarebbe più bisogno di cambiamento.
La Campania, infatti, resta una regione complessa, dove la politica è intrecciata con la storia, le tradizioni e le difficoltà sociali del territorio. Non partecipare alle elezioni può sembrare un gesto di protesta, ma rischia anche di lasciare spazio proprio a quelle forze che Calenda critica.

Meglio fermarsi e riflettere
Tuttavia, il suo messaggio è chiaro: se il voto diventa solo un atto meccanico per mantenere gli stessi equilibri di potere, allora meglio fermarsi e riflettere. “La scheda bianca” – nel linguaggio di Calenda – non è solo un simbolo di rifiuto, ma anche un invito a ricostruire la politica partendo da basi nuove: meritocrazia, competenza e trasparenza.
In conclusione, le parole di Calenda suonano come una sfida. Una sfida rivolta non solo alla politica campana, ma all’intero Paese: smettere di accettare i compromessi e tornare a credere in una politica fatta di idee e responsabilità. Forse la scheda bianca, questa volta, non è un segno di indifferenza, ma un modo per dire “basta” a un sistema che ha perso il contatto con i cittadini.
