La Crisommola: Il Tesoro Dorato di Napoli Celebrato da Coldiretti

La Crisommola: Il Tesoro Dorato di Napoli Celebrato da Coldiretti

Conosciuta fin dall’antichità con l’appellativo greco “Chrysoun melon”, ovvero il “frutto d’oro”, l’albicocca napoletana, chiamata crisommola o cresommola, incarna un’eccellente sintesi della ricchezza minerale dei terreni vulcanici e del generoso irraggiamento solare. Questa gemma luminosa e dal sapore intenso è un autentico emblema della biodiversità campana e in particolare partenopea.

Coldiretti Napoli intende rendere omaggio a questo frutto pregiato con un evento speciale di due giorni. Il Mercato Coperto Campagna Amica “San Paolo” di Fuorigrotta, situato in via Guidetti 72, ospiterà degustazioni tematiche e allestimenti dedicati, previsti per venerdì 25 e sabato 26 giugno, dalle 9:00 alle 14:00.

L’albicocca si distingue per il suo notevole profilo nutrizionale. È una fonte preziosa di vitamine, in particolare carotenoidi, e vanta un’elevata concentrazione di minerali essenziali quali potassio, fosforo, sodio, ferro e calcio. Questa combinazione la rende un sostegno prezioso per contrastare stati di anemia, spossatezza e durante le convalescenze. Il potassio, in particolare, offre un contributo significativo al benessere fisico, specialmente durante i mesi caldi estivi.

Analizzando la sua composizione, 100 grammi di albicocche fresche edibili contengono circa l’86% di acqua e circa il 6,5% di zuccheri. Le proteine costituiscono appena lo 0,4% del peso totale, le fibre l’1,5%, mentre i grassi non superano lo 0,1%. L’apporto calorico per un etto di prodotto fresco si aggira intorno alle 28 calorie. Tra i minerali, il potassio spicca con 320 mg per etto, seguito da calcio, fosforo, sodio e ferro. Le vitamine più abbondanti sono la A e la C, affiancate da altre sostanze benefiche come tiamina, riboflavina e niacina.

Il panorama delle albicocche campane è sorprendentemente vario, con innumerevoli cultivar tra cui la meraviglia, abbate, prete, monaco, voccuccia, cerasiella, gargiulo, spadaccina, cardinale, vollese, ceccona, acqua di serino, portici, vitillo e l’iconica pellecchiella. Agli inizi del Novecento, Luigi Savastano e Salvatore Carotenuto, stimati esperti dell’Istituto Agrario di Portici, chiarirono l’origine di questa straordinaria ricchezza varietale. Essi attribuirono la proliferazione di nuove specie alla propensione alla sperimentazione degli agricoltori vesuviani, agli effetti delle devastanti eruzioni vulcaniche e, in particolare, a due gravi “epidemie di marciume” verificatesi tra il 1850-53 e il 1865-1870. Queste calamità, distruggendo le piantagioni esistenti, diedero vita, attraverso la germinazione dei semi, a nuove e uniche varietà.