Avellino: Il Restauro della Dogana tra Spettacolarizzazione e Deriva Democratica – La Critica di Controvento

Avellino: Il Restauro della Dogana tra Spettacolarizzazione e Deriva Democratica – La Critica di Controvento

Con un’ostentata messa in scena, accompagnata da un clamore mediatico degno di un palcoscenico, il sindaco Festa ha rivelato alla cittadinanza il nome dell’architetto incaricato del restauro della Dogana. Il primo cittadino ha insistito nel definirlo “archistar”, un termine che, purtroppo, attinge a una cultura popolare superficiale e che da anni è considerato obsoleto e persino denigratorio dagli stessi professionisti di fama internazionale. Si tratta di Massimiliano Fuksas, la cui selezione è stata presentata come un’estrazione a sorpresa da un “album delle meraviglie”, l’ennesimo numero di un avanspettacolo di bassa lega a cui, purtroppo, la comunità avellinese sembra essersi abituata.

Eppure, in una nazione che si fonda su principi democratici e normativi condivisi, non è concepibile che un mero colpo di scena teatrale possa annullare un iter amministrativo precedentemente stabilito, frutto di un indirizzo consolidato in consiglio comunale e caratterizzato da un’ampia partecipazione civica. Nessuno ha l’autorità di agire in tal modo, nemmeno chi si auto-investe del ruolo di sindaco, specchiandosi nell’illusorio riflesso del proprio ego digitale. È inammissibile ridurre un progetto di tale portata a una mera questione personale tra il sindaco e l’architetto, o presentarlo come un suo “regalo” alla città. Questo approccio rappresenta un affronto a decenni di mobilitazione civica e di sforzi congiunti tra i cittadini e le precedenti amministrazioni.

Il finanziamento necessario per l’intervento è, infatti, l’esito di questo percorso partecipato, non di iniziative individuali. Al contrario, l’operato del sindaco Festa, in questi due anni di gestione approssimativa a Palazzo di Città, è stato del tutto inesistente, segnato da clamorose defezioni, come quella dell’architetto Francesco Venezia, e da continue disfunzioni amministrative. Nessun annuncio pittoresco e agitato può oscurare questa verità. L’episodio recente testimonia, senza equivoci, la profonda erosione dei meccanismi democratici urbani e la marginalizzazione del ruolo degli organi di rappresentanza, primo fra tutti il consiglio comunale.

È evidente che, mentre si celebra l’ingaggio di un nome di spicco dell’architettura globale – e, sia chiaro al sindaco Festa, siamo ben consapevoli della qualità del lavoro di Massimiliano Fuksas, così come delle problematiche riscontrate in fase di realizzazione in molti suoi progetti – l’amministrazione sta parallelamente adottando una prassi inedita per la revisione del Piano Urbanistico Comunale (PUC), suddividendolo in cinque sezioni, in aperta contraddizione con il principio fondamentale di unitarietà della pianificazione urbanistica. Ci si chiede se coloro che hanno proposto Fuksas abbiano omesso di sottolineare l’importanza di questo principio, o se piuttosto stiamo assistendo a una manovra diversiva, una “cortina fumogena” progettata per celare ben più concrete e discutibili logiche spartitorie.

Sarebbe un atto di grande dignità se tutti i consiglieri, sia di minoranza che di maggioranza, prendessero consapevolezza di questa situazione e lanciassero un segnale inequivocabile, forte e deciso, per riscattarsi dalla condizione di marginalità in cui sono stati relegati e per porre un freno alla dilagante demagogia che sta inesorabilmente trascinando la città verso il declino. È altresì fondamentale sottolineare che l’incarico affidato a Massimiliano Fuksas non riguarda un contesto anonimo da reinventare ex novo con una creazione sbalorditiva, bensì un sito pregno di storia, di vita, di significati e di testimonianze pulsanti, benché oggi degradate. Parliamo di un ambiente urbano in cui l’eredità di Cosimo Fanzago, il vero “maestro d’architettura” del passato, è ancora vivida.

Se Fuksas saprà raccogliere questa sfida, focalizzandosi sul restauro conservativo del monumento per restituirgli il suo antico fulgore e instaurando un dialogo costante con coloro che vivono e operano in loco per definirne il futuro e la funzione del corpo retrostante, il tutto nel rigoroso rispetto della pianificazione urbanistica, allora l’integrazione tra passato e modernità si configurerà come una possibilità concreta. In caso contrario, la città potrebbe trovarsi ad affrontare un onere finanziario ingente per un’opera destinata a compromettere irreversibilmente l’identità di quel luogo.

Pertanto, la difesa della democrazia riemerge come il tema cruciale. Oggi più che mai, è imperativo mantenere un elevato grado di vigilanza e partecipazione, per contrastare le derive populiste e scongiurare che il progressivo deterioramento della vita democratica e civile di Avellino diventi irreparabile.