“Dov’è il DNA di Stasi?”: la domanda che spacca Garlasco e riapre il caso che nessuno pensava di rivedere

“Dov’è il DNA di Stasi?”: la domanda che spacca Garlasco e riapre il caso che nessuno pensava di rivedere

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Nella nuova puntata de *Lo Stato delle Cose* arriva la rivelazione che rimette tutto in discussione: il DNA sotto le unghie di Chiara non sarebbe di Stasi

Ci sono domande che, quando vengono pronunciate, sembrano in grado di scuotere un intero Paese. È quello che è accaduto nella puntata del 1° dicembre de Lo Stato delle Cose, quando Massimo Giletti ha posto una delle questioni più destabilizzanti degli ultimi anni: “Dov’è il DNA di Alberto Stasi?”. Una frase che ha attraversato Garlasco come un fulmine e che oggi riporta al centro del dibattito uno dei casi di cronaca più controversi della storia italiana.

La nuova perizia genetica voluta dalla Procura e firmata dalla biologa forense Denise Albani riporta infatti l’attenzione su un dettaglio cruciale: il DNA maschile trovato sotto le unghie di Chiara Poggi non sarebbe riconducibile ad Alberto Stasi, ma compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara e frequentatore della casa. Un elemento che Giletti definisce “un segnale pro Stasi”, mettendo in discussione ciò che molti ritenevano ormai definito.

In studio se ne è discusso con la genetista Marina Baldi, l’avvocato di Stasi Antonio De Rensis, il direttore Umberto Brindani e la giornalista Ilenia Petracalvina. Una serata densa, dove ogni dettaglio è diventato un nuovo tassello in un quadro ancora lontano dall’essere chiuso.

La genetista: “Non è una novità, quel DNA era già emerso”. Ma il legale di Stasi ribatte: “Adesso i conti non tornano più”

Marina Baldi, consulente genetica di Sempio, ha cercato di riportare il discorso su un piano prudente. Spiega che quel profilo genetico era noto da anni, già ai tempi della consulenza del professor Linarello: “Non è cambiato niente. La linea paterna della famiglia Sempio era compatibile allora, lo è oggi”. La genetista insiste su una possibile contaminazione: Sempio frequentava spesso la casa dei Poggi, usava la PlayStation con Marco, si sedeva sul divano. Perfino la sala settoria, aggiunge, era stata definita “un pasticcio”, citando la presenza di DNA estraneo sulle garze durante l’autopsia.

L’avvocato De Rensis, però, non ci sta. Per lui il nuovo quadro non può essere liquidato come un déjà vu: “Sono cambiate tante cose. All’epoca non c’erano né gli stessi calcoli biostatistici né le stesse argomentazioni”. E poi arriva la domanda che divide tutto: se la contaminazione fosse davvero avvenuta tramite oggetti, perché sotto le unghie della vittima compare solo il DNA compatibile con quello di Sempio e non quello della famiglia Poggi o di altri frequentatori della casa?

La logica probabilistica, sottolinea il legale, suggerisce che l’unicità del profilo trovato debba far riflettere molto più a fondo. Anche perché si trova su entrambe le mani, un dettaglio tutt’altro che irrilevante.

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Il caso Sempio, le parole del PM e la ricostruzione che smentisce le recenti versioni

La puntata si chiude con un’altra scossa. L’avvocato De Rensis ricostruisce passo dopo passo gli atti del 2017 relativi alle intercettazioni richieste dalla difesa, smentendo in modo diretto le parole del pm Enrico Venditti pronunciate di recente a Quarto Grado. Secondo il legale, Venditti non avrebbe mai partecipato alle procedure legate al rilascio dei CD delle intercettazioni a cui si è riferito nelle sue dichiarazioni.

Un cortocircuito istituzionale che alimenta ulteriormente il clima di incertezza. Perché se oggi il caso Garlasco sembra più vivo che mai, è proprio a causa di questi dettagli che tornano a galla, delle domande che non trovano risposta e di un DNA che continua a dividere esperti, magistrati e opinione pubblica.

E così, vent’anni dopo, la verità sull’omicidio di Chiara Poggi appare ancora una volta sospesa tra ciò che si credeva certo e ciò che oggi, di nuovo, non lo è più.