Famiglia nel bosco, cos’ha fatto il padre entrando nella nuova casa | Ha gelato tutti: non si è smentito
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Un gesto inatteso, dopo anni di isolamento totale, segna l’inizio del capitolo più delicato della vicenda che ha diviso l’Italia
La storia della cosiddetta “famiglia nel bosco” sembrava essersi cristallizzata da settimane, sospesa fra ricorsi, tensioni e un’attesa snervante per la decisione del Tribunale dei Minori dell’Aquila. Eppure, nelle ultime ore, tutto ha assunto una piega inaspettata. Il primo grande cambiamento arriva dal gesto del padre, Nathan Trevallion, che per la prima volta da quando il caso è esploso ha varcato la soglia di un’abitazione “normale”, lasciando il bosco in cui viveva in condizioni estreme da anni. È un passaggio simbolico e pratico allo stesso tempo, un segnale che potrebbe pesare enormemente sull’esito della vicenda.
Il casolare “Nonna Gemma”, messo a disposizione gratuitamente dal ristoratore ortonese Armando Carusi, rappresenta non solo un tetto sopra la testa, ma un vero banco di prova per dimostrare alle istituzioni la volontà di cambiare stile di vita. Una scelta che arriva nel momento più delicato, proprio mentre si attende la valutazione del ricorso contro l’ordinanza del 20 ottobre che ha disposto l’allontanamento dei tre figli, oggi insieme alla madre Catherine in una comunità protetta.
Chi lo ha visto racconta di un Nathan diverso: provato, essenziale, determinato. Con buste di vestiti, coperte e pochissimi effetti personali, ha attraversato quel portone come si attraversa una soglia simbolica, lasciandosi alle spalle la vita fatta di acqua piovana, pannelli improvvisati e nessuna elettricità. Il suo ingresso nel casolare potrebbe ora diventare l’elemento chiave necessario ai giudici per valutare un eventuale ricongiungimento familiare.
Il trasferimento che cambia la storia
La casa offerta dalla famiglia Carusi è stata ristrutturata per uso turistico e dispone dei servizi che alla precedente abitazione nel bosco mancavano del tutto. Per mesi l’assenza di acqua corrente, elettricità e condizioni igienico-sanitarie minime è stato il punto più contestato nelle valutazioni degli assistenti sociali e del tribunale. Oggi, invece, Nathan si trova in un ambiente che rispetta quei requisiti basilari richiesti per garantire un contesto idoneo ai minori.
Il trasferimento, infatti, è soprattutto un messaggio: la volontà di rientrare nel perimetro delle regole, di accettare una mediazione con le istituzioni e di mostrare un cambio di passo rispetto alle posizioni iniziali, spesso percepite come rigide o incomprensibili. E questa apertura potrebbe rivelarsi decisiva nei prossimi giorni, quando i giudici dovranno valutare se i coniugi Trevallion-Birmingham siano ora in grado di accogliere nuovamente i loro tre figli.

La speranza di un ricongiungimento
La famiglia Carusi, che da settimane sostiene i due genitori, non nasconde l’emozione per il passo compiuto da Nathan. “Ci auguriamo che ora le istituzioni si muovano per riunire la famiglia”, ha dichiarato Leonora Carusi, figlia del proprietario del casolare. Un auspicio che riflette il sentimento di una comunità intera, che ha visto questa vicenda trasformarsi da caso locale a tema nazionale.
Ora resta da capire se questo gesto sarà considerato sufficiente dal Tribunale. Le prossime settimane saranno decisive: la nuova casa, le condizioni in cui la famiglia potrà dimostrare di poter vivere, la collaborazione mostrata nelle ultime settimane saranno tutti elementi centrali nella decisione finale. Ma una cosa, oggi, è certa: il cammino verso il ricongiungimento non è più un’ipotesi lontana, ma una possibilità concreta. E tutto è iniziato nel momento esatto in cui Nathan Trevallion ha messo piede in quella porta.
