“Fatti curare!”, attacco feroce alla Meloni in diretta | La frase che incendia lo scontro politico
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In un’Italia in cui ogni scelta politica diventa subito terreno di battaglia, anche una decisione accademica può trasformarsi in un caso nazionale capace di incendiare il dibattito. È ciò che è accaduto intorno al mancato avvio del corso di Filosofia per l’Accademia Militare di Modena, una decisione tecnica dell’Università di Bologna che si è presto trasformata in un simbolo di uno scontro più ampio, dove identità politiche, istituzioni culturali e retoriche contrapposte si intrecciano fino a superare i confini del merito della questione. In questo contesto infuocato, una frase pronunciata da Pier Luigi Bersani in diretta tv è diventata l’emblema della tensione crescente: un attacco frontale che ha lasciato il pubblico senza fiato e ha scatenato un’ondata di reazioni.
Negli ultimi mesi, infatti, l’atmosfera politica si è fatta sempre più incandescente. Università, città simboliche e istituzioni culturali sono state trascinate dentro un conflitto ideologico che va oltre i singoli provvedimenti. La vicenda che coinvolge Giorgia Meloni e l’Alma Mater Studiorum è solo l’ultimo tassello di un mosaico più grande, in cui ogni parola rischia di diventare un detonatore. Ed è proprio su questo terreno che l’intervento del leader dem ha assunto il sapore di un atto di rottura, tanto violento quanto significativo per comprendere il clima del momento.
L’escalation dello scontro: dal corso non approvato allo scontro istituzionale
Tutto nasce dalla scelta dell’Università di Bologna di respingere l’attivazione di un corso triennale in Filosofia dedicato agli allievi dell’Accademia Militare di Modena. Una decisione motivata con ragioni interne: carenza di docenti, complessità organizzative e impossibilità di integrare un percorso formativo separato da quello aperto a tutti gli studenti. Ragioni tecniche, almeno sulla carta. Ma per il governo, e in particolare per la presidente del Consiglio, la questione è diventata immediatamente politica.
Giorgia Meloni ha definito la scelta “incomprensibile e gravemente sbagliata”, accusando l’ateneo di aver innalzato “barriere ideologiche” contro le Forze Armate e, addirittura, di violare i propri “doveri costituzionali”. A sostegno della premier si sono espressi anche i ministri Piantedosi e Crosetto, alimentando la tempesta mediatica e trasformando quella che poteva restare una questione accademica in uno scontro politico di larga portata.
È in questo clima che Bersani, ospite a “Otto e mezzo”, ha lanciato il suo attacco. Dopo aver difeso con forza l’autonomia dell’Alma Mater, definita “la prima università europea e la più antica”, l’ex ministro ha accusato il governo di agire non per motivazioni accademiche, ma per una forma di “ideologismo sfrenato” rivolto contro tutto ciò che viene percepito come “territorio rosso”.

La frase choc di Bersani e il significato politico del suo affondo
Quando Bersani ha affermato che “questi qui, dove vedono i rossi, che sia uno sciopero, le toghe rosse, i consultori o i centri antiviolenza… oh! Fatevi curare da uno bravo”, lo studio si è gelato. Una frase durissima, pronunciata con un tono che non lasciava spazio a interpretazioni. Più che un giudizio politico, un vero e proprio schiaffo dialettico alla premier, accusata implicitamente di inseguire fantasmi ideologici e di trasformare ogni decisione amministrativa in un campo di battaglia contro presunte roccaforti nemiche.
L’ex ministro ha ampliato il suo ragionamento, citando episodi recenti che coinvolgono la città di Bologna, dal dibattito sugli eventi autorizzati vicino al luogo della strage del 1980 alle frizioni tra Comune e Viminale. Un mosaico, secondo lui, che disegna un governo impegnato a colpire simboli e identità, più che a discutere i contenuti delle decisioni. E per rafforzare il paradosso, Bersani ha citato l’Università di Palermo, che solo pochi giorni prima aveva concesso crediti formativi agli studenti per assistere a un dibattito tra Carlo Calenda e Carolina Varchi di Fratelli d’Italia. “Perché lì va bene – è la domanda implicita – e a Bologna no?”.
Lo scontro attorno al corso di Filosofia diventa così il simbolo di una tensione più ampia: quella tra l’autonomia delle istituzioni accademiche e una politica sempre più attenta a trasformare ogni episodio in un duello identitario. Un confronto che non accenna a spegnersi e che, anzi, sembra destinato ad allargarsi, alimentato da parole che pesano come macigni e da una polarizzazione che non risparmia nulla e nessuno.
