Gatti randagi, da oggi se gli dai da mangiare paghi fino a 500€ di multa | Devi lasciarli morire di fame
gatti_multe_salate_-_retesei_1280
In molte città sono sempre più diffusi divieti specifici contro il nutrimento dei felini di strada: i comuni invocano motivi di igiene pubblica e ordine urbano, ma i cittadini e le associazioni animaliste denunciano il rischio di effetti paradossali sulle colonie.
Negli ultimi mesi diversi regolamenti comunali hanno introdotto prescrizioni più rigide sul comportamento da tenere verso gli animali randagi: non solo obblighi per i proprietari, ma anche sanzioni rivolte a chi dà cibo in modo indiscriminato per strada. Le multe possono arrivare, in taluni casi, fino a 500 euro, con l’obiettivo dichiarato di tutelare la salute pubblica e prevenire disagi quali accumulo di rifiuti, diffusione di parassiti e problemi alla viabilità.
La misura ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato l’amministrazione locale richiama la necessità di mantenere decoro e sicurezza; dall’altro chi si occupa quotidianamente delle colonie feline mette in guardia sul fatto che vietare il cibo senza prevedere alternative organizzate può aumentare sofferenza animale e tensioni sociali. In mezzo restano famiglie e singoli cittadini che, mossi da pietà, offrono ancora una mano ai gatti senza una chiara indicazione su come comportarsi.
Perché i Comuni hanno introdotto il divieto
I motivi ufficiali che spingono le amministrazioni ad emanare ordinanze sono ricorrenti: controllo igienico-sanitario, gestione dei rifiuti e tutela della pubblica incolumità. Il cibo lasciato in punti non autorizzati attira topi e insetti, altera il corretto smaltimento dei rifiuti e può creare assembramenti che ostacolano il passaggio pedonale o il traffico. Per queste ragioni molti enti locali ritengono necessario intervenire con sanzioni per disincentivare forme di alimentazione “fai da te”.
Le norme non nascondono però criticità operative: l’applicazione delle multe richiede controlli costanti e una definizione chiara delle aree interdette. Inoltre, l’azione repressiva può scontrarsi con la sensibilità di chi da anni segue una colonia e ne conosce abitudini e bisogni. Il rischio è che la misura, pensata per migliorare il contesto urbano, finisca per spostare il problema senza risolverlo.
Cosa possono fare i cittadini senza rischiare la multa
Chi desidera continuare a occuparsi dei gatti senza incorrere in sanzioni ha alcune possibilità pratiche: informarsi sul regolamento comunale per capire dove e come sono consentite eventuali forme di alimentazione, mettersi in contatto con il servizio veterinario dell’ASL o con l’ufficio ambiente del Comune per chiedere indicazioni e concordare soluzioni compatibili con le norme. Molte amministrazioni collaborano con associazioni animaliste per gestire le colonie in modo serio e tracciato.
Un approccio utile è quello di privilegiare iniziative coordinate: punti di nutrimento stabiliti e puliti, orari fissi, contenitori chiusi per evitare l’accesso di altri animali e raccolta immediata degli avanzi. Segnalare la presenza di colonie all’ente competente e partecipare a progetti di sterilizzazione (TNR) sono azioni che aiutano sia gli animali sia la comunità, riducendo nel tempo la necessità di alimentazione continua e abbassando i conflitti con le norme urbane.

Alternative e responsabilità collettiva
Il contrasto tra decoro urbano e tutela degli animali richiede risposte strutturate: campagne di informazione, punti di assistenza gestiti in convenzione e piani locali di gestione delle colonie sono strade praticabili. Le multe funzionano da deterrente, ma da sole non bastano; servono inoltre strumenti per supportare chi, con passione, si prende cura degli animali e per incentivare la sterilizzazione, l’adozione e la collaborazione tra istituzioni e volontari.
In definitiva, tra chi invoca il pugno duro e chi denuncia l’emergenza etica, la soluzione più sostenibile passa dal dialogo e dall’organizzazione. Evitare che le persone debbano “lasciar morire di fame” gli animali è possibile solo se Comune, ASL e associazioni definiscono percorsi chiari: monitoraggio, punti autorizzati e rispetto delle norme, con l’obiettivo comune di proteggere sia la cittadinanza sia i gatti che condividono gli stessi spazi urbani.
