Il Grido di Lampedusa: Dignità Negata e l’Indifferenza Che Uccide
La situazione a Lampedusa raggiunge un punto di non ritorno, scatenando la dura condanna di don Carmelo La Magra, il parroco locale, che non esita a definire “vergognoso” il trattamento riservato dall’Italia ai migranti. Una profonda delusione pervade chi osserva come queste persone, spinte da una disperazione inaudita e armate di un coraggio sovrumano, approdino sulle sponde del nostro “bel Paese”, solo per ritrovarsi in condizioni disumane.
Le immagini che emergono dal molo Favaloro sono strazianti: oltre duecento migranti costretti a trascorrere la notte in uno stato igienico inaccettabile, con servizi igienici completamente inutilizzabili, riducendosi a utilizzare bottiglie di plastica per i propri bisogni più elementari. Questa è una piaga che si ripresenta da decenni, una dolorosa ciclicità per la quale non si riesce a trovare una soluzione duratura e concreta. Il bilancio è ancor più drammatico: i decessi per annegamento hanno registrato un incremento sconcertante del 200%, mentre i respingimenti forzati, spesso al limite della legalità internazionale, continuano a crescere. Solo negli ultimi quattro mesi, più di settemila individui, tra cui trecento minori, sono stati crudelmente ricondotti nei centri di detenzione libici.
È giunto il momento di abbandonare la pigra inerzia della nostra opulenza. Non possiamo più permetterci di essere spettatori passivi di fronte a esseri umani che sprofondano nel baratro del dolore e, talvolta, nel desiderio di annullamento. La vergogna che provo, in quanto italiano ed europeo, è profonda. Siamo chiamati a ricordare e rispettare l’Articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e le disposizioni sull’asilo, che riconoscono lo status di rifugiato, in base all’Articolo 1 della Convenzione di Ginevra del 1954, a chiunque si trovi al di fuori del proprio paese e non possa farvi ritorno per fondato timore di persecuzioni o violenze. Il governo italiano ha il dovere ineludibile di aderire a questi principi inviolabili.
Ma la responsabilità non si esaurisce qui. Le Nazioni Unite, alle quali spetta il diritto e il dovere di intervenire per garantire l’osservanza di tali direttive, sembrano purtroppo aver perso, da tempo, la loro capacità di imporsi. Una deriva incontrollata si manifesta così sotto gli occhi del mondo intero, priva di un’efficace regolamentazione.
È indispensabile una maggiore e immediata presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica globale riguardo a questa problematica internazionale. Senza indugio e superando la sterile politica dello scaricabarile, è richiesto un impegno di volontà imponente da parte di chi detiene l’obbligo di agire con determinazione per porre fine alla straziante odissea di queste “anime senza patria”. Lo stesso appello si rivolge all’Unione Europea che, con rammarico, si dimostra ancora una volta come un cane che abbaia ma non morde, incapace di tradurre le parole in azioni concrete.
La celerità è fondamentale, perché in gioco ci sono vite umane. Proseguendo su questa strada, rischiamo di precipitare in una vera e propria deriva razzista. In ultima analisi, siamo tutti interpellati, in nome dei più alti valori morali e spirituali, a non distogliere lo sguardo da questa tragedia.
