Il Sottosegretario Sisto equipara agenti penitenziari e detenuti, il Sappe insorge

Le affermazioni rilasciate dal Sottosegretario Paolo Sisto hanno provocato una reazione veemente. Donato Capece, Segretario Generale del Sappe, ha espresso il suo profondo sconcerto: “Dopo trent’anni di attività sindacale, non mi era mai capitato di sentire un membro del Governo, per giunta con la responsabilità del Corpo, sostenere che gli operatori della Polizia Penitenziaria siano assimilabili ai detenuti.”
Il Sottosegretario Sisto aveva dichiarato, durante un’intervista radiofonica, che “La Polizia Penitenziaria non è diversa dai detenuti… bisogna pensare ad una fase di comunità,” aggiungendo che “I detenuti sono persone uguali ai poliziotti penitenziari.” La risposta di Capece è stata categorica: “Come si può immaginare il carcere come un’unica entità comunitaria, senza distinguere chi vi rappresenta l’autorità statale e chi vi si trova ristretto per aver commesso reati? Se il penitenziario è una ‘comunità’ nella visione di Sisto, allora dovremmo equiparare agenti, reclusi, vertici politici e dipartimentali? E se un detenuto è uguale a un poliziotto, allora è anche uguale a Sisto, alla Ministra Cartabia e a qualsiasi altro cittadino italiano.”
Il Sappe sottolinea che, oltre a queste dichiarazioni di grave portata, la Ministra Cartabia ha convocato una riunione urgente sulla situazione della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, invitando, in modo ritenuto incomprensibile, ben ventiquattro organizzazioni sindacali rappresentative di categorie estranee alla sicurezza penitenziaria, e senza un chiaro criterio di proporzionalità rappresentativa. Capece ha chiarito la posizione del sindacato: “Ci pare un incontro organizzato ad uso e consumo dell’opinione pubblica, per mostrare un intervento del Ministero. Ma che senso ha riunire cinquanta rappresentanti sindacali, non solo della polizia ma di tutto il personale penitenziario? Se si tratta di affrontare gli eventi di S. Maria Capua Vetere e le loro ripercussioni sulla gestione della sicurezza carceraria, non dovrebbero partecipare esclusivamente i sindacati della Polizia Penitenziaria?”
Capece ha proseguito evidenziando la delicatezza della situazione: “Quanto accaduto a S. Maria Capua Vetere è serio, e la magistratura è l’unica autorità deputata a emettere un giudizio definitivo. Lo affermo perché in questi giorni assistiamo a una delegittimazione del Corpo di Polizia Penitenziaria che va ben oltre i fatti specifici di quel carcere.” Egli ha poi denunciato: “Nel frattempo, sottosegretari, ministri, il Presidente del Consiglio e il Parlamento sembrano ignorare le gravissime minacce che giungono a tutti i poliziotti penitenziari italiani tramite il web, manifesti e striscioni appesi ovunque… al punto che in molti istituti i direttori hanno consigliato di recarsi al lavoro in abiti civili per scongiurare il rischio di attacchi.”
In questo contesto di tensione e incertezza, il Sappe ha dichiarato di non voler più tollerare la situazione e, per bocca di Capece, ha annunciato che “non prenderà parte alla riunione farsa del prossimo martedì.” Invece, il Segretario Generale ha preannunciato “una serie di mobilitazioni e proteste a difesa e supporto della componente sana del Corpo di Polizia Penitenziaria, ingiustamente e senza motivazioni divenuta bersaglio di avversione generalizzata da parte di certa politica, di alcuni media e di parte della società civile.”
Il Sappe ha promesso di “protestare con ogni mezzo e in tutte le forme consentite finché le autorità competenti non prenderanno una posizione chiara e inequivocabile a favore della Polizia Penitenziaria come Istituzione, sottolineando in modo limpido che la vicenda di Santa Maria Capua Vetere è un episodio isolato e circoscritto.” Secondo Capece, “È assolutamente indispensabile chiarire che, pur essendo giusto e doveroso che la magistratura faccia ogni accertamento sui fatti di S. Maria Capua Vetere, ciò non deve dare adito a critiche ingenerose che portano a una percezione errata, profondamente errata, della nostra professione. Il Corpo di Polizia Penitenziaria è formato da persone che, nonostante un lavoro estenuante, rischioso e ad alta tensione, credono nel proprio mestiere, possiedono valori radicati, un forte senso di identità e orgoglio, e che ogni giorno in carcere si adoperano con tutte le proprie possibilità per gestire le situazioni critiche che si verificano costantemente.”