(Mons. Pasquale Maria Mainolfi) La parola Pasqua deriva dall’ebraico Pesach (passaggio) e indica l’annuale ripetizione della prima Pasqua di Israele, quando Jahvè passò con salvezza potente in mezzo al popolo ebraico e lo fece uscire dalla schiavitù d’Egitto.
Accanto a questa prima Pasqua storica, la Bibbia ne riporta altre tre:
quella dei giudei, consistente nella rievocazione e attualizzazione annuale del passaggio di Jahvè, arricchita dal ricordo degli altri innumerevoli interventi salvifici operati da Dio per il popolo eletto; la Pasqua di Cristo, consistente nella sua immolazione, nel suo “passaggio da questo mondo al Padre” (Giovanni 13,1) attraverso la passione e la resurrezione; infine la Pasqua della Chiesa che annualmente (ma pure ogni domenica e quotidianamente) rinnova la Pasqua di Cristo “sino al giorno della sua venuta” (1 Corinzi 11,26).
Le Chiese dell’Asia Minore, ispirandosi alla tradizione giovannea, la celebravano a data fissa il 14 di Nisan, mentre le Chiese di Alessandria e di Roma la celebravano la domenica successiva al primo plenilunio di primavera. Solo nel IV secolo la data inizia a uniformarsi nelle diverse regioni ecclesiastiche. Nessun essere, eccetto Dio, è superiore all’uomo e questi perciò deve servire solo Dio. Dio tutela sempre la dignità dell’uomo e la sua libertà.
La Terra promessa è la terra della libertà. L’ esodo è la marcia della libertà. Il decalogo è il codice della libertà. Dio è il Liberatore (in ebraico goel) dell’uomo.
Milioni di pensatori, in tanti secoli, non sono riusciti né a togliere né ad aggiungere un solo articolo a questo codice della civiltà, promulgato da Dio durante l’alleanza con Mosè .
Quando si osserva questo codice stradale della civiltà l’umanità progredisce, quando si viola, essa regredisce, anche se la tecnologia avanza vertiginosamente.
L’ alleanza tra Dio e il suo popolo fu evento storico che operò la liberazione, stipulò un trattato di amicizia e promulgò la legge della civiltà. Un evento troppo decisivo per le generazioni future. Perciò il Signore volle un rito che, ogni anno, evocasse l’Alleanza, la riattualizzasse e la ripresentasse. Così la Pasqua-evento cedette il posto alla Pasqua-rito.
Tutta la storia della salvezza è presente nell’Eucaristia, come in una goccia di rugiada si riflette l’intera volta del cielo, l’Eucaristia si presenta nell’Antico Testamento come figura, nel Nuovo Testamento come evento e nel tempo della Chiesa, in cui viviamo noi, come Sacramento. La figura anticipa e prepara l’evento, il sacramento “prolunga” e attualizza l’evento.
Ecco perché noi cristiani “senza l’ Eucaristia non possiamo vivere”.
Auguro a tutti una Pasqua serena, colma di ogni speranza.