La Valle del Sabato in protesta con Legambiente: «Liberi dai Veleni», un grido per la salute e le bonifiche.
La campagna nazionale itinerante di Legambiente, intitolata «Liberi dai Veleni», ha raggiunto questa mattina la provincia di Avellino, focalizzandosi sulla Valle del Sabato. L’organizzazione ambientalista ha orchestrato un’azione di protesta, caratterizzata dall’esposizione di uno striscione con il medesimo slogan, per riaccendere i riflettori su problematiche di inquinamento e bonifiche mai realizzate. I residenti attendono da anni risposte concrete a fronte di una situazione critica, esito di una politica inefficace e frammentata, incapace di garantire il risanamento, il rilancio delle aree colpite e la protezione della salute pubblica.
Presso il Parco urbano di Piazza Kennedy ad Avellino, i volontari di Legambiente si sono riuniti per esprimere solidarietà e supporto alla cittadinanza. L’obiettivo era rafforzare la richiesta di salvaguardia ambientale e sanitaria, divenuta impellente alla luce dei dati allarmanti dello studio “Spes”, il quale ha rilevato concentrazioni anomale di metalli pesanti diffuse nel territorio.
L’appuntamento avellinese è stato preceduto da un percorso di sensibilizzazione che ha toccato diverse zone, inclusa la Valle Solofrana-Montorese e l’Alta Valle del Sabato. Antonio Giannattasio, membro dell’Ufficio di Presidenza di Legambiente Campania, ha sottolineato l’importanza del recente biomonitoraggio “Spes”. Realizzato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, questo studio epidemiologico ha esaminato la correlazione tra esposizione ambientale e salute umana in Campania, rivelando criticità significative proprio nella Valle del Sabato. In particolare, in un’area campione, sono stati analizzati 200 residenti dei comuni di Aiello del Sabato, Prata di Principato Ultra, Manocalzati, Atripalda, Avellino, Pratola Serra e Montefredane, riscontrando livelli sierici medi di cadmio, nichel e antimonio superiori alla media rispetto ad altre zone. Ulteriori anomalie hanno riguardato la presenza di composti organici come diossine e furani. Anche un secondo cluster, comprendente 200 cittadini residenti a Solofra, Montoro, Castel San Giorgio e Siano, ha mostrato evidenze preoccupanti. Questi risultati indicano chiaramente sia una mancata adesione alle normative vigenti sulle emissioni industriali, sia un’inefficienza da parte degli enti di controllo e delle leggi stesse, insufficienti a garantire un’adeguata tutela della salute pubblica.
«Perché si attende ad agire?» si chiedono i cittadini irpini, esposti agli effetti dell’inquinamento, che chiedono con forza un’accelerazione nei processi di bonifica e maggiori investimenti da parte della Regione Campania per potenziare e migliorare i controlli preventivi dell’ARPAC. La questione dell’armonizzazione tra la tutela della salute pubblica e le attività industriali occupa ormai un posto centrale nel dibattito nazionale. Un numero crescente di ricerche scientifiche, che collegano l’esposizione a inquinanti all’insorgenza di patologie gravi come i tumori, evidenzia l’urgenza di affrontare con trasparenza il tema delle emissioni industriali e delle loro ricadute sull’ambiente e sulla popolazione, specialmente nelle vicinanze dei centri abitati.
L’intera area della Valle del Sabato, estesa dai comuni del Serinese fino ad Avellino e il suo entroterra, soffre da anni, come denunciato da Legambiente, di gravi problemi di inquinamento. Si riscontrano sia fenomeni di origine urbana che industriale che compromettono i corsi d’acqua superficiali, come il Torrente Barre nella parte superiore della valle e il Fiume Sabato, che l’attraversa per intero, oltre a una preoccupante qualità dell’aria. Avellino, la città capoluogo, ha registrato nel 2020 ben 78 superamenti per le PM10, posizionandosi come la più inquinata del Centro-Sud, e nel 2017 aveva già il primato della media annuale più alta d’Italia. Nonostante la condanna in appello dell’ex sindaco Paolo Foti per omissione d’atti d’ufficio, dovuta alla sua inerzia nel contrastare lo smog cittadino, l’attuale classe politica mostra ancora un’evidente immobilismo su questi fronti.
A ciò si aggiungono tre significativi episodi di incendi verificatisi a partire dagli anni 2000, che hanno interessato un deposito di rifiuti urbani, un impianto di autodemolizione e un’industria di componenti plastiche per batterie. Infine, la drammatica vicenda dell’Isochimica, tristemente nota come la “fabbrica dei veleni”. Qui, all’inizio degli anni ’80, le carrozze ferroviarie venivano disincrostate dall’amianto in condizioni di estrema pericolosità, esponendo costantemente a rischi la popolazione del quartiere Borgo Ferrovia e causando malattie e decessi tra gli operai. La bonifica di questo sito non è ancora stata completata, rappresentando una ferita aperta.
L’area comprendente i comuni di Solofra e Montoro, uno dei maggiori distretti conciari italiani, è attanagliata da una crisi strutturale che precede la pandemia, iniziata già negli anni Duemila. La predominanza di questa attività e del suo indotto ha lasciato un’impronta profonda, acuitasi con l’intensificazione della produzione e dell’uso di sostanze chimiche a partire dagli anni ’70. Questo territorio rientra nell’Alto Sarno, in quella che era l’area Sito di Interesse Nazionale (SIN) del Bacino Idrografico del fiume Sarno, poi riclassificata come Sito di Interesse Regionale (SIR) nel 2013. Il più recente rapporto ISPRA (2021) sulle bonifiche in Italia documenta ben 133 procedimenti ancora attivi solo nel comune di Solofra. A ciò si aggiunge l’attesa per l’avvio del piano di caratterizzazione della falda acquifera contaminata da tetracloroetilene, un problema accertato dal gennaio 2014, che coinvolge entrambi i comuni. È altresì indispensabile l’adeguamento e l’ammodernamento dell’impianto di depurazione consortile, sequestrato dal 2017 per molestie olfattive ma con facoltà d’uso, e della rete fognaria industriale, per prevenire potenziali sversamenti nel Solofrana. Tutti questi elementi rivelano la grave pressione antropica e la costante minaccia alla salute dei residenti della valle Solofrana-Montorese.
«È tempo di tradurre le parole in azioni concrete», ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, sottolineando l’urgenza di accelerare i processi di bonifica e risanamento territoriale, che accumulano ritardi inaccettabili. Ha ribadito che una vera transizione ecologica non può realizzarsi finché permangono “ferite sanguinanti” sul territorio. Ciafani ha invocato un’azione energica, tangibile ed efficace, che valorizzi i territori e utilizzi al meglio le risorse disponibili. L’obiettivo è permettere al Mezzogiorno di colmare il divario con il Centro-Nord, partendo dal rafforzamento di un sistema di controlli spesso inadeguato da parte delle Agenzie Regionali, a causa delle scarse dotazioni finanziarie regionali. Ha inoltre evidenziato l’importanza cruciale di completare il quadro realizzando le infrastrutture necessarie per un’economia circolare e per la mobilità sostenibile, promuovendo il riciclo e la produzione di energia pulita. Infine, ha richiesto un potenziamento e un’uniformità dei controlli su tutto il territorio nazionale, attraverso misure di prevenzione e repressione, ricordando l’esistenza della legge sui delitti ambientali (Legge 68 del 2015), che include il reato di omessa bonifica, e che deve essere applicata con maggiore rigore e frequenza.
