Reti Finanziarie del Clan dei Casalesi Smantellate nell’Operazione Minerva
Un’ampia iniziativa antimafia, denominata “Operazione Minerva”, ha portato all’esecuzione di numerose misure cautelari nelle prime ore di mercoledì 20 gennaio 2021. Coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Firenze, l’operazione ha visto coinvolte unità della Guardia di Finanza – con la partecipazione di elementi del Comando Provinciale di Firenze e del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) di Roma – agire in ottemperanza a un provvedimento emesso dal Dott. Federico Zampaoli, Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Firenze. Tale disposizione ha sancito 34 azioni restrittive, che includono quattro custodie cautelari in carcere, sei arresti domiciliari, nove obblighi di dimora e quindici misure di interdizione personale che precludono lo svolgimento di qualsiasi attività imprenditoriale. Contemporaneamente, beni e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di circa 8,3 milioni di euro sono stati sottoposti a sequestro preventivo a carico degli indagati.
Le gravi accuse mosse agli individui coinvolti spaziano dall’associazione per delinquere (art. 416 c.p.) a diverse forme di riciclaggio, incluso l’autoriciclaggio e il reimpiego di proventi illeciti (artt. 648 bis, 648 bis-1, 648 ter c.p.), oltre all’intestazione fittizia di beni (art. 512 bis c.p.) e all’emissione e utilizzo di fatture relative a operazioni inesistenti (artt. 2 e 8 D.lgs 74/2000). Un’aggravante significativa in tutti i capi d’accusa è rappresentata dall’aver agevolato il clan camorristico dei “Casalesi”, come previsto dall’articolo 416 bis-1 c.p. Oltre alle responsabilità penali individuali, l’indagine ha identificato presunte condotte illecite attribuibili a 23 entità giuridiche, in base al Decreto Legislativo 231/2001, che regolamenta la responsabilità amministrativa degli enti per reati dipendenti da illeciti.
Le operazioni di polizia giudiziaria sono state condotte in un vasto raggio geografico, interessando le province di Firenze, Lucca, Pistoia, Treviso, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Roma, Isernia e Caserta. Questo complesso dispiegamento ha beneficiato del sostegno dei Reparti territoriali della Guardia di Finanza e del Reparto Operativo Aeronavale (R.O.A.N.) di Napoli.
La minuziosa e articolata attività investigativa è stata svolta dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Firenze, con la collaborazione cruciale dello S.C.I.C.O. L’inchiesta, diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Firenze – con il Procuratore Capo Dott. Giuseppe Creazzo e il Sostituto Procuratore Dott. Giulio Monferini al timone – ha comportato una ricostruzione sistematica dei flussi bancari e finanziari e approfonditi accertamenti economico-patrimoniali. L’intero processo investigativo è stato supportato e coordinato dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, con la cooperazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.
L’impulso iniziale per le indagini è derivato da informazioni raccolte nel 2016, riguardanti una serie di investimenti immobiliari e commerciali effettuati nella provincia di Siena. Questi affari vedevano coinvolti due commercialisti di origine campana e un architetto fiorentino, proveniente dal casertano, tutti sospettati di avere stretti legami con ambienti della criminalità organizzata riconducibili al noto clan dei “Casalesi”.
Gli sviluppi investigativi hanno permesso di accertare che individui collegati al clan avevano reinvestito ingenti capitali di provenienza delittuosa in attività imprenditoriali, anche sul territorio toscano, attraverso una fitta rete di società attive principalmente nei settori immobiliare e commerciale. Le Fiamme Gialle hanno smascherato un elaborato sistema di false fatturazioni, concepito per occultare ingenti e continui bonifici in uscita da aziende edili a beneficio di “società cartiere”. I conti correnti di queste ultime venivano poi sistematicamente svuotati da un’organizzata squadra di “prelevatori bancomat”, individui spesso vicini alla soglia della povertà, alcuni dei quali percettori di sussidi statali come il Reddito di Cittadinanza o il Reddito di Emergenza. Questi soggetti venivano remunerati dal sodalizio criminale con commissioni pari al 2-3% delle somme di denaro che prelevavano.
