Rivoluzione AstraZeneca: Il Vaccino Prioritario per la Fascia 60-79 Anni Stravolge la Campagna Italiana

Rivoluzione AstraZeneca: Il Vaccino Prioritario per la Fascia 60-79 Anni Stravolge la Campagna Italiana

La campagna vaccinale italiana si trova dinanzi all’ennesimo, sorprendente riassetto, innescato dalla più recente indicazione sul preparato di AstraZeneca. Dopo essere stato inizialmente raccomandato per gli individui con meno di 55 anni, poi esteso a tutte le fasce d’età, il vaccino è ora destinato specificamente alla popolazione compresa tra i 60 e i 79 anni. Questa svolta imprevista costringe il governo a rielaborare il proprio piano di vaccinazione nazionale, già modificato più volte dall’avvio della campagna lo scorso dicembre.

Il farmaco dell’azienda anglo-svedese sarà quindi somministrato prevalentemente alla coorte 60-79. Il Ministro della Salute, Roberto Speranza, al termine di una serie di consultazioni con gli esperti, ha annunciato l’imminente emissione di una circolare con tutte le nuove direttive, sottolineando la necessità di chiarezza e decisione. Ha inoltre ribadito che le priorità fondamentali dell’esecutivo rimangono la protezione degli anziani e delle persone con fragilità.

Tuttavia, al di là delle decisioni immediate, un problema evidente e diffuso si profila all’orizzonte: le continue variazioni nelle raccomandazioni, unite alla crescente diffidenza tra la popolazione, rischiano di generare ulteriori rallentamenti nelle somministrazioni, proprio nel momento in cui è cruciale imprimere un’accelerazione decisa. Le statistiche attuali indicano che, su 8 milioni di italiani che hanno ricevuto una prima dose di vaccino, ben 2.294.203 hanno ricevuto il siero AstraZeneca. Molti di questi non rientrano nella fascia over 60, il che pone questioni urgenti per il governo.

Il primo interrogativo riguarda i richiami: l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) suggerisce la seconda dose a tre mesi dalla prima. Verrà somministrato lo stesso vaccino anglo-svedese a tutti coloro che hanno ricevuto la prima dose, indipendentemente dall’età? O per i più giovani si opterà per un altro preparato? E come si procederà con categorie prioritarie come il personale scolastico, le forze armate e di polizia, a cui finora era stato riservato AstraZeneca? Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, ha affermato che al momento “non ci sono elementi per scoraggiare l’utilizzo della seconda dose”, suggerendo che chi ha già ricevuto la prima dose riceverà probabilmente anche la seconda, senza distinzioni anagrafiche. D’altra parte, l’EMA (Agenzia Europea dei Medicinali) non esclude l’efficacia di un “mix” tra vaccini differenti, pur precisando che non vi sono ancora dati disponibili.

La seconda criticità, che minaccia seriamente di compromettere la campagna vaccinale nell’immediato e potrebbe costringere il governo a rivedere anche i piani di riapertura, è legata alla paura, non troppo velata, che si sta diffondendo e che spinge molti italiani a disertare gli appuntamenti. In Lombardia, ha spiegato Carlo Signorelli del CTS regionale, il 15-16% dei prenotati non si è presentato. Analogamente, a Napoli, su 4.000 prenotazioni un martedì, 800 persone hanno rinunciato. Questi segnali d’allarme potrebbero intensificarsi nei prossimi giorni, e purtroppo, le rassicurazioni degli esperti sembrano avere un impatto limitato. Nicola Magrini, direttore dell’AIFA, ha dichiarato che “il vaccino è utilizzabile in tutte le fasce di popolazione”, mentre il virologo Andrea Crisanti ha evidenziato come “prendere un aereo comporti un rischio di trombosi 100 volte superiore rispetto a fare un vaccino.”

La gravità della situazione è stata colta dai presidenti di regione che, insieme ad ANCI e UPI, hanno incontrato i ministri Mariastella Gelmini (Affari Regionali) e Roberto Speranza (Salute), e il Commissario per l’Emergenza Francesco Figliuolo, proprio per coordinare le modifiche al piano ed evitare decisioni disorganizzate. Il governatore del Friuli, Massimiliano Fedriga, ha espresso il timore condiviso: “Rischiamo di avere vaccini che non riusciamo a inoculare, perché la gente non li vuole.” Attualmente, nei frigoriferi delle Regioni giacciono almeno 1,8 milioni di dosi di AstraZeneca.

Per evitare che queste dosi rimangano inutilizzate, la soluzione proposta da Figliuolo è quella di somministrarle fin dalle prossime ore alla categoria 60-79 anni. “Una platea,” ha sottolineato il generale nell’incontro con i governatori, “di circa 13 milioni di persone, due delle quali hanno già ricevuto la prima dose.” Resta però da definire come vaccinare coloro che non potranno più ricevere AstraZeneca e, di conseguenza, come riorganizzare l’impiego degli altri due vaccini attualmente disponibili, Pfizer e Moderna. Luca Zaia, governatore del Veneto, ha espresso il timore che nel prossimo mese “si andrà avanti solo con le seconde dosi,” ammettendo che “navighiamo a vista” e interrogandosi sulla disponibilità di nuove forniture da parte delle altre case farmaceutiche.

In effetti, la certezza sulle future consegne è scarsa. Sebbene l’Italia si aspetti oltre 52 milioni di dosi nel secondo trimestre, AstraZeneca ha già preannunciato una riduzione del 50% per il 14 aprile (175mila dosi anziché 340mila, che dovrebbero però essere reintegrate tra il 16 e il 23 aprile). Pfizer ha completato la distribuzione di un altro milione e mezzo di dosi, ma ciò offre solo un sollievo temporaneo ai territori. Moderna dovrebbe consegnare non prima della fine della settimana, e Johnson & Johnson ha comunicato che il 16 aprile non invierà più di 400mila dosi. Tutti questi fattori allontanano progressivamente l’obiettivo di raggiungere 500mila vaccinazioni al giorno entro la metà di aprile.