In Italia uno dei temi da sempre più chiacchierati è quello delle pensioni. Il sistema italiano ha delle evidenti falle, pertanto ogni Esecutivo che si succede a Palazzo Chigi è chiamato a introdurre novità sul tema pensioni. Non sfugge a questa logica nemmeno l’attuale campagna elettorale, che vede i partiti impegnati per la corsa al governo.
Il centrodestra, a questo proposito, ha già anticipato tutti sul tema scottante – e caro agli elettori – il programma del sistema pensionistico. Dopo la Fornero e Quota 100-102, l’obiettivo posto dalla Lega è quota 41, laddove il numero fa riferimento agli anni contributivi. Norma oggi esistente, ma solo per una porzione limitata di lavoratori.
A questa proposta ha fatto seguito quella di Forza Italia con un “incremento al milione bis”, dopo la manovra del 2002. A frenare gli entusiasmi ci ha pensato la terza forza dello schieramento, Fratelli d’Italia: non fare agli elettori promesse difficili, se non impossibili, da mantenere. Allo stato dell’arte il tema pensioni è un problema grosso con cui fare i conti. E la realtà parla chiaro: con o senza modifiche, oggi si va in pensione in media dopo aver compiuto tra i 67,4 anni d’età e i 61,4, con variazioni legate alle posizioni lavorative occupate.
Il problema principale su cui impattano tutte le discussioni sulle pensioni è rappresentato dai conti pubblici, su cui l’intero sistema va ad impattare spesso gravosamente. La realtà è che il sistema è destinato a non reggere: un’intera generazione vedrà la pensione solo come miraggio. Più precisamente chi è nato dal 1980 in avanti, ad oggi, ha poche speranze di maturare il pensionamento.
Per questo si corre ai ripari, e c’è possibilità di farlo grazie alledifferenti opzioni della pensione integrativa, uno strumento che può incidere a fine carriera lavorativa e che può costituire un tesoretto ad integrazione della pensione maturata. Una sorta di pensione privata, insomma o – per meglio dire – il terzo pilastro su cui si fonda il sistema previdenziale italiano, dopo quello pubblico obbligatorio e la previdenza complementare.
Prima di pensare ad un fondo pensionistico privato, c’è da distinguere tra fondi pensionistici aperti e chiusi. I primi offrono qualche garanzia maggiore, potendo stabilire l’ammontare della quota da destinare periodicamente al fondo. Quelli chiusi invece hanno grosse limitazioni, anche di accesso.
Fatto questo distinguo, si può procedere in diverse direzioni. La prima è quella del cosiddetto PIP, il piano individuale pensionistico. Si tratta di un piano individuale pensionistico sottoforma di assicurazione sulla vita, con un contratto standard ed una strategia di investimento meno potente di altre. Al raggiungimento della pensione, il fondo maturato viene erogato sotto forma di rendita, ad integrazione della pensione. La seconda è quella del Piano di accumulo (PAC), un sistema per investire in fondi o ETF con versamenti periodici. Il PAC non è uno strumento dedicato alla previdenza complementare, ma un’integrazione autentica con il vantaggio della flessibilità: l’investimento può durare nel tempo, essere interrotto e ritirato in ogni momento, con grossi vantaggi fiscali. Un sistema idoneo se si considera soprattutto lo spazio temporale.