La salute e la sicurezza sul lavoro sono i temi che caratterizzeranno le celebrazioni del primo maggio del 2018. Celebrazioni sempre più stanche, legate ad un tempo che non c’è più. Le grandi mobilitazioni, la giornate dell’orgoglio sono oramai un antico ricordo. Ma non si può certo dire che le questioni relative al primo di maggio abbiano perso di attualità, tutt’altro. Il lavoro per le nuove generazioni si presenta come un modello di alto precariato, nonostante le varie specializzazioni. La mobilità intesa come la possibilità di cambiare più volte lavoro nel corso della vita, era stata disegnata come un forte miglioramento di diverse condizioni. Ma non è affatto così e sopratutto, è sempre più così nel nostro paese. Se guardiamo all’Europa occidentale, come punto di riferimento, ci accorgiamo che le tutele, dopo un lungo periodo di liberalismo estremo, stanno aumentando. Alcuni generi di contratti, come quelli orari e giornalieri, sono già spariti in Inghilterra ed in Francia, mentre in Germania non sono mai entrati. La lotta al precariato, in questi paesi, è diventata una spinta verso la ripresa economica. Si è capito che se un lavoratore ha una certa sicurezza, mette su famiglia ed investe, ad esempio, sul mattone ed effettua maggiori acquisti. Viceversa in Italia, il costo del lavoro è ancora inquadrato come una frenata alla crescita e non come un valore aggiunto. Così, negli ultimi cinque anni, si sono ridotte sempre di più le tutele ed i diritti. Naturalmente, questo è avvenuto nel più assoluto ed assordante silenzio di coloro che avrebbero dovuto evitare questa deriva, primi fra tutti i sindacati. Allo stesso tempo, manca , completamente, una politica seria di incentivo al lavoro,soprattutto nel zone depresse del mezzogiorno. Così, come manca una seria politica che contrasti il lavoro nero che, a sua volta, mette, seriamente, nei guai gli imprenditori onesti. Il primo maggio, una volta, sarebbe servito per rilanciare queste criticità e chiedere interventi concreti. Ma domani sarà, ancora una volta, una celebrazione senza anima perchè assente è l’anima dei lavoratori che trovano spazio nelle rappresentanze sindacali.