Nessun Alibi per il Rilancio Scientifico: L’Appello di Gazzella sui Fondi Europei
Il periodo appena trascorso ha lasciato un’impronta indelebile nelle vite di tutti, un’era definita da incertezze, limitazioni e rinunce. Siamo stati costretti a rimettere in discussione molteplici aspetti del nostro quotidiano, ma in questa alterazione abbiamo anche riscoperto l’importanza di dettagli e momenti che la frenesia pre-pandemica spesso ci impediva di apprezzare. Sebbene queste esperienze non siano ancora del tutto un capitolo chiuso, la prospettiva di un futuro migliore alimenta la nostra speranza. L’avvio della vaccinazione segna, infatti, il primo concreto passo verso la “luce in fondo al tunnel”, una visione ora tangibile e non più solo un’aspirazione.
Dalle ceneri di questa crisi, tuttavia, emerge l’impellenza di ricostruire, apprendendo dalle sfide affrontate per forgiare un futuro migliore. La pandemia ha catalizzato una profonda riflessione su dinamiche sociali, economiche e culturali, ma più di ogni altra cosa, ha accresciuto la consapevolezza collettiva sull’insostituibile valore della ricerca scientifica e sull’eccellenza dei talenti italiani nel settore. I nostri scienziati, ricordiamo, sono stati tra i primi a isolare il SARS-CoV-2 e hanno contribuito attivamente allo sviluppo dei vaccini.
Il flagello del coronavirus ha inciso nella nostra coscienza l’importanza critica del tempo. Nel campo della ricerca, l’accelerazione dei processi non si traduce solo in un miglioramento delle aspettative di vita – come dimostrato dall’efficacia dei vaccini contro la pandemia – ma è anche un fattore determinante per mantenere la competitività a livello globale. L’Italia, purtroppo, non si colloca ai vertici mondiali per investimenti in ricerca e sviluppo. A ciò si aggiunge la farraginosa macchina burocratica che, prolungando i tempi di realizzazione dei progetti, ne attenua in modo significativo l’impatto positivo potenziale.
I dati forniti dalla campagna “Salviamo la Ricerca” sono eloquenti: l’Italia si posiziona tra gli ultimi paesi dell’OCSE per la percentuale di PIL destinata a ricerca e sviluppo. Il sistema universitario nazionale soffre da anni di un cronico sottofinanziamento, con il Fondo di Finanziamento Ordinario in costante calo dal 2009. Inoltre, i finanziamenti destinati alla ricerca di base italiana, assegnati tramite concorso ai progetti più meritevoli, risultano essere un decimo di quelli disponibili in Francia.
La recente bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede un incremento degli interventi nel settore della ricerca, con una dotazione complessiva di 11 miliardi di euro. Sebbene tale somma sia di rilievo, viene considerata insufficiente dagli autorevoli esponenti della comunità scientifica italiana, che hanno indirizzato una lettera al Presidente del Consiglio Conte, sollecitando un impegno decisivo per la svolta attesa negli investimenti in questo campo cruciale.
Sostengo con forza l’appello di questi eminenti ricercatori, convinto che il futuro e il potenziamento della ricerca italiana dipendano in modo determinante dall’allocazione definitiva del Recovery Fund. L’impiego del 7% di questi fondi europei nella ricerca, sostengono, costituirebbe la base indispensabile per avviare il rilancio scientifico e tecnologico della nostra nazione.
L’Italia deve mantenere la sua vocazione di terra di eccellenze. Non possiamo permettere che un comparto così vitale, determinante per la grandezza e l’affermazione di una nazione, venga relegato in secondo piano. È fondamentale che i nostri giovani ricercatori abbiano la libertà di scegliere dove costruire la propria carriera, senza sentirsi costretti a emigrare per la mancanza di opportunità e di un adeguato sostegno nel proprio Paese.
Non va trascurato il Mezzogiorno! Il Sud Italia vanta numerosi poli di eccellenza scientifica e tecnologica. A titolo esemplificativo, nella sola provincia di Avellino, spiccano realtà come il Biogem, l’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del CNR, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, e il Centro Ricerche Oncologiche di Mercogliano (CROM). Investire nella ricerca, dunque, rappresenta un’opportunità strategica per promuovere lo sviluppo del Sud, una regione che attende ancora di colmare il divario con il resto del Paese.
È da questi presupposti che deve scaturire la chiara consapevolezza dell’imperativo di investire in un settore così cruciale per la nostra crescita sociale ed economica, con ricadute benefiche a lungo termine. L’arrivo dei fondi europei ci priva ora di qualsiasi scusa per procrastinare questo impegno vitale.
