Monsignor Mazzafaro: L’Episcopato tra Fragilità, Servizio e Gratitudine al Termine della Consacrazione

Monsignor Mazzafaro: L’Episcopato tra Fragilità, Servizio e Gratitudine al Termine della Consacrazione

Qualche tempo fa, Papa Francesco, rivolgendosi ai sacerdoti, ha espresso un concetto profondo: la nostra intrinseca vulnerabilità, la fragilità che accomuna ciascuno di noi, costituisce il terreno fertile per l’incontro autentico con il Divino. Il Pontefice ammoniva contro l’immagine del “prete supereroe”, destinato, diceva, a fallire. Al contrario, è il sacerdote consapevole delle proprie debolezze, colui che le confida al Signore, a percorrere una strada fruttuosa.

Se tale verità risuona per ogni presbitero, essa acquisisce un significato ancora più profondo per me in questo momento. Non è chi si crede invulnerabile o salvatore del mondo a essere prossimo a Dio, ma piuttosto chi riconosce la propria limitatezza, chi si vede peccatore tra i peccatori, fragile tra i fragili, costantemente bisognoso della preghiera, della Parola divina, della benedizione degli ultimi e della solidarietà fraterna.

L’episcopato, infatti, lungi dall’essere un privilegio o un’elevazione personale, è intrinsecamente un ministero di servizio. Questa parola, purtroppo spesso banalizzata, è profondamente radicata nel Vangelo. La vera sfida consiste nel concretizzare questo principio, nel dargli vita, piuttosto che limitarsi a pronunciarlo. È un servizio dedicato alla preghiera e alla Parola, che sono il nostro rifugio e la nostra guida; un servizio orientato ai poveri e alle necessità umane, affinché nessuno si senta abbandonato; un servizio alla promozione della pace, per liberare la nostra comunità da ogni forma di divisione, competizione e, ancor peggio, di indifferenza.

Questa gioia che ci avvolge, essendo un dono inestimabile, si traduce in un immenso ringraziamento. Ringrazio il Signore per questa chiamata, e porgo la mia profonda gratitudine al Santo Padre per la fiducia accordatami. Con spirito fraterno, ringrazio e saluto i Vescovi presenti, membri della Conferenza Episcopale Campana, con i quali condivido l’amore e la sollecitudine per la nostra amata Regione.

Un ringraziamento speciale va alla Comunità di Sant’Egidio, che ha aperto davanti a me i sentieri dell’amicizia con i più vulnerabili e dell’ascolto della Parola di Dio – proprio attraverso i poveri e la Parola ho scoperto la vocazione che il Signore aveva riservato per me. Sono grato anche per il dono della fraternità ricevuta in questo percorso. Saluto in particolare Andrea Riccardi, Marco Impagliazzo, Monsignor Ambrogio Spreafico, Don Mariano Imperato e Sandro Zuccari, e tutti coloro che con la loro presenza fraterna e premurosa hanno arricchito la mia vita.

Non posso tralasciare di salutare, accanto a tutti gli adulti, i “giovani per la pace” riuniti in piazza. Sento di essere accompagnato dalla preghiera di numerosi anziani amici, di persone con disabilità e di molti amici poveri, la cui vicinanza è un sostegno prezioso.

La mia gratitudine si estende alla Chiesa di Napoli. Saluto il carissimo Cardinale Sepe, dal quale ho avuto il privilegio di imparare tanto in anni di collaborazione, l’Arcivescovo Battaglia, che ha seminato abbondantemente in questa diocesi, e l’Arcivescovo Paglia. Insieme a loro, abbraccio i sacerdoti amici presenti e tutti coloro che ho conosciuto durante gli anni di servizio parrocchiale, prima a S. Maria a Pugliano e S. Caterina di Alessandria a Ercolano, poi a S. Maria dei Miracoli e ai Santi Filippo e Giacomo a Napoli. Ho avuto la grazia di vivere le parrocchie come autentici focolai di fraternità, amicizia e compassione verso gli ultimi.

Abbraccio calorosamente tutti i sacerdoti della Diocesi di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti, i religiosi, i diaconi e le Autorità civili presenti, così come gli amici laici. Aver voluto che la mia ordinazione avvenisse qui a Cerreto Sannita è un modo per dichiarare fin da subito la mia presenza come Vescovo, come fratello e amico, desideroso di incarnare il Vangelo del Regno.

Un abbraccio affettuoso va anche ai miei familiari che hanno voluto condividere la gioia di questo momento. E poiché con Gesù, nella liturgia, la festa si celebra sulla terra ma si estende anche al Cielo, stringo spiritualmente i miei genitori e mio fratello, che ora non sono più tra noi. Anch’essi, ne sono certo, stanno festeggiando, insieme a tanti altri familiari defunti e ai numerosi poveri che ho conosciuto, che ho amato e che, forse, mi hanno amato ancora di più. Ricordo in particolare Elisa, Maruzzella, Giovanni, Gennarino ed Eugenia, che mi hanno insegnato il profondo valore dell’amicizia, della fedeltà e della preghiera. Questa sera non posso dimenticare Antonio, il mio amico diacono di Ercolano, e Mimmo, il nonno di Dodo, un ragazzo speciale a me caro.

“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura.” Questa è la richiesta di Gesù a tutti coloro che ascoltano la sua Parola e desiderano metterla in pratica. La gioia di questa sera non può e non deve essere solo per noi; il Signore la desidera per tutti, per ogni uomo, per ogni donna, per ogni creatura. Il Vangelo dell’amore è un messaggio universale. Nessuno è estraneo, nessuno è straniero per il Vangelo. Tutti hanno bisogno di percepire e incontrare l’amore di Dio. Laddove risuona il Vangelo, nessuno è più orfano.

In questo nostro tempo, purtroppo, molte persone si sentono profondamente orfane: orfane di futuro, di libertà, di relazioni, di amicizia, e l’elenco potrebbe continuare. A questo mondo che si percepisce come orfano, il Signore ci chiede di portare il Vangelo dell’amore e della pace. Nel nome di Gesù, abbiamo il potere di scacciare i demoni; nel nome di Gesù, possiamo parlare le lingue nuove della pace e della fraternità, linguaggi sempre nuovi in un mondo frammentato e conflittuale; nel nome di Gesù, i veleni dell’inimicizia, della discordia e della rassegnazione non avranno alcun potere sulle nostre vite. Il Vangelo ci ricorda che il Signore agiva insieme ai suoi discepoli, confermando la Parola con i segni che l’accompagnavano.

Siamo chiamati a essere più fraterni, più amici. Sant’Agostino affermava che “nulla dimostra tanto bene l’amicizia quanto il portare il peso dell’amico”, perché “quando si ama, non si fatica, o, se si fatica, questa stessa fatica è amata”.

Possa la Vergine delle Grazie aiutarci a compiere tutto ciò che il Signore ci indicherà, affinché la nostra gioia sia eterna. Ci protegga Sant’Antonio di Padova, e ci accompagni il Vescovo Alfonso, insieme a tutti i santi di questa Chiesa di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti, che mi è stata affidata come una sposa. Prometto, con la grazia di Dio, di esserle sempre fedele, fratello dei sacerdoti, amico e pastore di tutti.