La sera del 23 novembre 1980, una domenica sera, Mario e Angelina, poco più che ventenni, erano due fidanzati che passeggiavano nel centro di Potenza: rimasero feriti da un crollo provocato dal terremoto di magnitudo 6.8, si salvarono. Oggi, 36 anni dopo, sono marito e moglie, hanno due figlie, ma non hanno ancora una casa “vera”. Perché Mario La Terza, dopo i primi mesi trascorsi in ospedale, non ha più fatto rientro in una casa “vera”: per un po’ ha dormito in macchina, in seguito si è trasferito in una roulotte e poi, per diverso tempo, in un container. Solo alcuni anni dopo, Mario ha ottenuto un prefabbricato a Bucaletto, alla periferia del capoluogo lucano, la Cittadella di casette in legno, uno dei simboli del sisma dell’Irpinia e della Basilicata. “Dal piccolissimo container a un prefabbricato di quasi 50 metri quadrati: mi sembrava un grande passo in avanti. Peccato però che oggi la mia famiglia viva ancora qui”. In questi giorni segnati da un altro terribile terremoto, il pensiero di Mario è tutto per le popolazioni del Centro Italia. La sua memoria fa un salto indietro, fino a quel maledetto 23 novembre. “Io e Angelina rimanemmo feriti e furono diversi i mesi che – ricorda con evidente commozione – trascorremmo in ospedale. Poi la mia casa fu dichiarata inagibile, anche quella dei miei genitori era pericolante”. Da quel momento in poi cominciò la “trafila” che, 36 anni dopo, fa tanta paura ai terremotati del 2016 di Marche e Umbria. Automobile, roulotte, “e poi un container: ovviamente stavo meglio che nella roulotte, ma lo spazio era davvero troppo poco. E poi, d’estate la casa era rovente; d’inverno, nonostante stufe e stufette, un frigorifero”. Così, tempo dopo, l’assegnazione di un prefabbricato a Bucaletto fu accolta con entusiasmo. “Non era una casa vera, ma almeno in 50 metri quadrati si poteva vivere molto meglio”. E per alcuni anni la famiglia La Terza ha vissuto sicuramente meglio. “Mi sento di dare un consiglio a chi ora vive la terribile esperienza del terremoto. I container e i prefabbricati sono ‘senz’anima’, anonimi. Per farli diventare ‘casa’ bisogna creare fin dai primi momenti un ambiente più famigliare. Noi abbiamo fatto così”. Purtroppo però sono passati tanti anni “e vivere qui, in un prefabbricato di legno, è diventato quasi impossibile perché, come nel container, in estate fa troppo caldo e in inverno fa troppo freddo. E soprattutto perché in questa zona della città la situazione è pessima, in particolare per gli aspetti igienici”. Il Comune di Potenza ha avviato l’opera di abbattimento dei prefabbricati non più abitati: in quelli ancora occupati sono poche le famiglie “terremotate”. In tutto il quartiere di Bucaletto il disagio (anche sociale) è evidente. “Forse noi, a Potenza, ci siamo ‘cullati’ troppo sulla possibilità di vivere a Bucaletto. Trent’anni fa poteva andare bene, ma oggi proprio no. E allora l’altro consiglio, quello più importante, che lanciamo dalla Basilicata al Centro Italia è quello di lottare, fin da subito, per avere, il prima possibile, una casa. Una casa ‘vera’”.