L’Impunità del Femicidio: Il “Delirio di Gelosia” e le Ombre sulla Giustizia

L’Impunità del Femicidio: Il “Delirio di Gelosia” e le Ombre sulla Giustizia

Sebbene la consuetudine suggerisca di non commentare le decisioni giudiziarie, l’interpretazione che se ne offre e la narrazione mediatica spesso espongono le vittime a ulteriori, inaccettabili vessazioni. A questo proposito, si rende doveroso esaminare con attenzione la sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Brescia il 21 dicembre 2020, relativa al cosiddetto “caso Gozzini”. Con tale verdetto, il tribunale ha assolto l’imputato, reo di aver assassinato brutalmente la moglie nel sonno, sostenendo che al momento del delitto egli fosse incapace di intendere e di volere a causa di un “delirio di gelosia” conclamato.

In sostanza, un gravissimo episodio di femminicidio è rimasto impunito, suscitando notevoli interrogativi e un diffuso sentimento di sfiducia nei confronti del sistema giudiziario. Tale percezione è acuita dalla circolazione di notizie imprecise sul movente, che veicolano un messaggio distorto e pericoloso. Ogni verdetto scaturisce dall’esame delle prove presentate in dibattimento, ma è innegabile che questa sentenza, sebbene per ora isolata, abbia sollevato e continui a generare un’intensa ondata di indignazione.

È davvero sufficiente un “delirio di gelosia” per giustificare un atto di violenza estrema come il femminicidio? È indiscutibile che l’assoluzione di quest’uomo significhi per la signora Cristina, stimata insegnante, donna e moglie attenta e premurosa, subire una seconda, simbolica morte. La sua unica tragica colpa, infatti, fu aver intrecciato la propria esistenza con quella di un uomo violento. La Procura aveva chiesto l’ergastolo per Gozzini, sostenendo che la gelosia che aveva mosso l’omicidio non implicasse affatto una compromissione della capacità di discernimento e autodeterminazione.

Generalmente, di fronte a crimini di tale efferatezza, la mancanza di imputabilità si trasforma spesso in un espediente per ottenere sconti di pena o addirittura per evitare qualsiasi conseguenza, sebbene tale “eccezione” dovrebbe rimanere tale, e non diventare la norma. Ancora una volta, si assiste alla trasformazione di una mentalità intrinseca o di un retaggio atavico di possesso femminile in un “attacco di gelosia delirante”, demandando poi la decisione finale alle perizie dei consulenti tecnici delle parti.

La vicenda, come evidenziato nelle motivazioni della Corte, presenta “profili inquietanti” proprio perché l’impulso omicida si è insinuato nella mente dell’imputato “in modo silente ma con insistenza ossessiva fino a deflagrare, il mattino del fatto, in una ‘spinta irrefrenabile'”. Un tema, questo, che la stessa Corte ha definito “delicato e complesso”. Attualmente, la psichiatria forense considera la gelosia una passione che non incide sull’imputabilità, a meno che non sia espressione di veri e propri deliri o altre patologie, come ad esempio il delirio di gelosia riscontrabile nei dipendenti cronici da alcool.

A questo punto, assume un’importanza cruciale la valutazione del giudice di fronte all’aumento preoccupante di reati efferati, spesso commessi sotto l’influenza di svariati stati emotivi (ira, invidia, gelosia). Tali stati, pur originando da disagi psicologici, condizionano in modo determinante il comportamento degli individui al momento del delitto. Viviamo un’epoca particolare, in cui la pandemia di Covid-19 e le restrizioni imposte da oltre un anno hanno acuito ed esasperato gli stati d’animo e la rabbia, talvolta privandoci della capacità di gestirli.

E allora, come devono agire i giudici di fronte a queste dinamiche emotive che sempre più prepotentemente irrompono nel processo penale? E qual è il ruolo dei mezzi di informazione? Al di là delle pur necessarie perizie psichiatriche, è imperativo immergersi il più profondamente possibile nelle vite dell’autore e della vittima, nelle loro personalità e nelle complesse relazioni che li univano. Ogni caso è unico, ed è proprio per questo che le notizie devono essere fornite con rigore, evitando generalizzazioni e spiegando i complessi passaggi logici che sottostanno a sentenze di tale portata. Solo così non si veicolerà un messaggio di indulgenza nei confronti di chi si macchia di crimini efferati. Solo così non si legittimerà l’azione di chiunque adducendo un mero delirio di gelosia.

La prevenzione di tali atti è possibile laddove vi sia la certezza di una pena che, lungi dall’essere meramente punitiva, sia orientata il più possibile a una funzione rieducativa, mirata al recupero psicologico degli autori, affinché possano essere riabilitati e reintrodotti nella società.