Armida Barelli: La “Grande Donna” che plasmò il Novecento e ora illumina gli Altari.

Armida Barelli: La “Grande Donna” che plasmò il Novecento e ora illumina gli Altari.

Il Vaticano ha recentemente dato il via libera al decreto che riconosce un miracolo attribuito ad Armida Barelli, aprendo così la strada alla sua prossima beatificazione. Questa figura monumentale del Novecento italiano, con il suo fervido apostolato, ha lasciato un’impronta indelebile nella Chiesa e nella società, contribuendo in modo determinante alla fondazione di istituzioni cardine quali l’Azione Cattolica Italiana, l’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo e l’Università Cattolica del Sacro Cuore. La sua esistenza fu un dono totale, spesa con dedizione assoluta al servizio della fede e della comunità.

L’evento miracoloso, che ha accelerato il processo di beatificazione, si è verificato a Prato, dove Alice Maggini, una donna di 65 anni, fu vittima di un grave incidente. Investita da un camion mentre era in bicicletta, riportò una gravissima commozione cerebrale. Contro ogni aspettativa medica e scientifica, Alice recuperò completamente la salute. Questo sorprendente ristabilimento è stato unanimemente ricondotto all’intercessione della Serva di Dio Armida Barelli, invocata con fede dai suoi familiari in quei momenti drammatici.

Armida Barelli incarnava un connubio straordinario di intelletto acuto e profonda spiritualità. La sua vita era radicata in una fede incrollabile nel Sacro Cuore e in una generosa consacrazione al mondo attraverso l’attività culturale. Fu una pioniera audace, capace di tracciare nuove vie per l’emancipazione femminile sia all’interno della Chiesa che nella società civile. Con un coraggio indomabile, affrontò sfide inedite e sostenne iniziative profetiche caratterizzate da un’intensa carità intellettuale.

Nata a Milano il 10 dicembre 1882, Armida si distingueva per una bellezza singolare. Studiò in un collegio svizzero, dove maturò una profonda esperienza di fede, assaporando le “dolcezze segrete” della vita spirituale. Nonostante la famiglia desiderasse per lei un futuro di sposa e madre, il destino divino aveva altri disegni. La sua fu una vocazione complessa e travagliata. Nel 1909, confessò: “Dopo tre anni di alti e bassi, tra fervore e resistenza alla Grazia, tra la misericordia di Dio e le mie fragilità, quando ormai disperavo di me stessa, la Grazia mi avvolse. Ora il canto dell’amore divino risuona nella mia anima!”. Invece di entrare in convento, scelse di rimanere nel mondo, consacrandosi interamente al Signore all’età di 27 anni, abbracciando una “verginità e apostolato nel mondo”.

Nel 1921, a Milano, insieme a figure eminenti come Padre Agostino Gemelli, Ludovico Necchi e Monsignor Francesco Olgiati, co-fondò l’Università Cattolica del Sacro Cuore. La sua operosità fu riconosciuta anche da Papa Benedetto XV, che le affidò il compito di promuovere e diffondere la gioventù femminile dell’Azione Cattolica. Fondò anche l’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità, ispirato ai principi francescani, e poco dopo, nel 1929, l’Opera della Regalità, un’iniziativa che anticipò significativamente la riforma liturgica, rendendo la liturgia più accessibile a tutti i fedeli. Nel 1946, si batté con fermezza per il diritto di voto alle donne, dimostrando un notevole impegno anche in politica, partecipando attivamente alla campagna elettorale della Democrazia Cristiana.

Alle sue collaboratrici amava ripetere il monito: “Breve è la vita, spendetela bene per Colui che solo ne è degno”. La sua fu un’esistenza dinamica, costellata di viaggi, conferenze, articoli e interventi, interamente dedicata all’azione sociale e politica. Una breve preghiera, da lei definita “il mio talismano della felicità”, racchiudeva il suo spirito: “Sacro Cuore di Gesù, io mi affido a Te, io confido in Te, io mi fido di Te”.

Nel 1949, fu colpita da una paralisi bulbare che le tolse l’uso della parola. Il suo silenzio si trasformò in una forma di profonda adorazione. Consapevole dell’imminente fine, scrisse: “Accetto la morte che il Signore vorrà, in piena adesione al volere divino, come ultima prova d’amore al Sacro Cuore”. Nella solennità dell’Assunta del 1952, all’età di 70 anni, Armida Barelli fece ritorno alla casa del Padre.

Resta una delle donne più influenti e significative del Novecento italiano. La sua esperienza laicale è un esempio mirabile di fusione tra vita attiva e contemplativa, una testimonianza di sorprendente attualità che continua a parlare alle donne e agli uomini del nostro tempo. Attraverso il suo esempio, comprendiamo come il Battesimo possa trasformare il laico che vive nel mondo in un lievito di luce, bellezza, verità e amore.

A proposito della figura di Armida Barelli, è doveroso menzionare due importanti connessioni:

Padre Marciano Ciccarelli, una figura eclettica dei Frati Minori Francescani, fu per molti anni assistente spirituale all’Università Cattolica di Milano, dove ebbe modo di conoscere Agostino Gemelli e, appunto, Armida Barelli. Da ministro Provinciale della Provincia Francescana Sannito-Irpina, Padre Ciccarelli si distinse come un autentico motore di idee e iniziative, un pioniere del Movimento Liturgico Popolare, affiancato da un manipolo di confratelli perspicaci e generosi. Fu proprio grazie a Padre Ciccarelli che la futura Beata Armida Barelli si recò almeno tre volte a Benevento, con l’obiettivo di fondare e animare la Gioventù Femminile di Azione Cattolica e di costituire il primo nucleo di Missionarie della Regalità, tra cui spiccavano nomi come Olga De Rienzo, Gaetana Intorcia, Anna e Vittoria Donatiello, e Geda Salvatore. Durante queste visite, Armida fu ospite presso l’abitazione dell’Ing. Pietro Florio, padre di Irene, anch’ella generosamente impegnata nell’Azione Cattolica.

A Benevento risiede tuttora, presso la Basilica della Madonna delle Grazie, il mio stimatissimo docente di psicologia, Padre Lino Barelli, nato il 1° febbraio 1934. Egli è pro-nipote della Beata Armida. Sua madre, Ida Roggero, era infatti figlia di Mary Barelli, sorella di Armida. Il padre di Padre Lino, anch’egli di nome Giuseppe Barelli, era però di origine toscana e non direttamente imparentato con la famiglia milanese di Armida. Giuseppe Barelli fu un commerciante di olio che operò con le maggiori aziende del settore in tutto il Sud Italia, e a San Giovanni Rotondo conobbe Padre Pio da Pietrelcina, divenendone figlio spirituale. Il figlio Eugenio si fece frate e fu anche guardiano all’Averna. Padre Lino, al secolo Giorgio, gemello di Eugenio, fu proprio all’Averna, durante gli esercizi spirituali predicati da Padre Marciano Ciccarelli, che si confessò con lui, decidendo a soli 15 anni di seguirlo a Benevento. Dopo il noviziato a Vitulano e gli studi, fu ordinato sacerdote alla Madonna delle Grazie da Monsignor Pasquale Venezia il 25 marzo 1958, in un periodo in cui l’Arcivescovo Agostino Mancinelli era gravemente malato. Successivamente, si laureò in pedagogia sperimentale all’Università di Lovanio, in Belgio. Fu poi chiamato dal Generale dell’Ordine a Roma per assumere la responsabilità della Basilica e delle opere dell’Antonianum, insegnò al Seminario di Benevento, guidò il Noviziato Interprovinciale di Piedimonte Matese, e svolse il suo ministero in diversi conventi della provincia religiosa. Oggi, all’età di 87 anni, continua a servire la Chiesa come confessore presso il santuario della Madonna delle Grazie.