Emergenza Carceri: Il Segretario SAPPE Donato Capece alza il velo sulla crisi di Poggioreale e le decisioni ministeriali

Emergenza Carceri: Il Segretario SAPPE Donato Capece alza il velo sulla crisi di Poggioreale e le decisioni ministeriali

Donato Capece, Segretario Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE), ha condotto un’ispezione questa mattina presso il penitenziario di Poggioreale a Napoli. L’obiettivo della visita era accertare direttamente le attuali condizioni operative in cui versano gli agenti della Polizia Penitenziaria.

Capece ha evidenziato che, ormai da tempo, il personale del Corpo affronta una situazione di notevole difficoltà. Questa è attribuibile a una grave carenza di organico che affligge ogni reparto, alla scarsità di dotazioni e uniformi, e alle persistenti problematiche legate alla manutenzione delle infrastrutture. Nonostante la presenza di oltre duemila detenuti, un numero gestito da una forza-lavoro insufficiente, la Polizia Penitenziaria continua a operare con abnegazione. Il Segretario ha criticato la grave assenza di interventi concreti per risolvere le numerose problematiche di Poggioreale, sulle quali il SAPPE ha lanciato l’allarme per mesi.

A fronte di questa situazione, Capece ha reso noto che il SAPPE organizzerà una manifestazione a Roma martedì 22 giugno 2021, davanti agli uffici del Ministro della Giustizia, Marta Cartabia. L’iniziativa mira a stigmatizzare la drammatica condizione degli istituti penitenziari e le annose difficoltà che affliggono la Polizia Penitenziaria. In particolare, il Segretario ha espresso “profondo disappunto e sconcerto” per la decisione, ritenuta “assolutamente non condivisibile”, della Ministra Cartabia di costituirsi “parte civile” in un processo. Questo procedimento a rito ordinario, con inizio il 9 giugno, riguarda eventi verificatisi nell’ottobre 2018 nel carcere di San Gimignano e vede imputati cinque agenti del Corpo.

Capece ha chiarito che l’opposizione del sindacato, che incarna la manifesta preoccupazione di tutti gli operatori penitenziari, non è rivolta all’indispensabile accertamento dei fatti attraverso un giusto processo. Piuttosto, il dissenso totale del SAPPE, percepito come un’offesa verso coloro che quotidianamente, tra innumerevoli difficoltà, si sforzano di adempiere al meglio al proprio compito, si rivolge a una Ministra che, invece di mantenere una posizione imparziale, prende apertamente le difese contro i propri dipendenti, i “servitori dello Stato”. Ci si interroga – ha proseguito Capece – sul perché la Ministra, che si erge a difesa delle garanzie costituzionali dei detenuti, non adotti la stessa tutela nei confronti del proprio personale, quegli agenti che dovrebbe salvaguardare, proteggere e (idealmente) valorizzare, specialmente quando essi stessi subiscono aggressioni, umiliazioni, insulti, ferimenti, risse e colluttazioni per mano della componente violenta della popolazione carceraria. Al Ministro Cartabia, il SAPPE porrà la questione fondamentale: da che parte si colloca lo Stato? Dalla parte di chi ogni giorno sacrifica vita familiare, affetti e interessi personali per garantire, in condizioni spesso disumane, l’esecuzione dei propri doveri istituzionali, oppure dalla parte di chi ha commesso reati di ogni genere, minando e mettendo a repentaglio la serena convivenza civile?

Proseguendo nel suo intervento, Capece ha affermato che il 22 giugno i poliziotti penitenziari del SAPPE faranno risuonare il loro grido di “basta!” contro tali mortificazioni etiche e professionali, direttamente sotto le finestre del Guardasigilli. La loro voce si farà sentire con forza a Roma, anche davanti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Parlamento. Il Segretario ha sottolineato che le urgenze del sistema giudiziario sono molteplici, ben oltre la sola riforma del CSM, costantemente al centro del dibattito. La realtà di Poggioreale, con i suoi oltre duemila detenuti vigilati da un numero esiguo di agenti, è esemplificativa. È impellente procedere con nuove assunzioni nella Polizia Penitenziaria, che lamenta una carenza di 5.000 unità. “Cruciale e non più procrastinabile”, ha concluso Capece, “è l’introduzione di un innovativo modello custodiale”. È infatti preoccupante constatare che l’aumento degli incidenti critici all’interno delle prigioni si sia acuito proprio in concomitanza con l’adozione diffusa della “vigilanza dinamica” e del regime penitenziario “aperto”. Quest’ultimo permette ai detenuti di muoversi liberamente per le sezioni detentive per più ore al giorno, con controlli solo sporadici e occasionali da parte della Polizia Penitenziaria. Per contrastare l’inerzia e la noia nelle celle, i detenuti dovrebbero invece essere messi in condizione di svolgere attività lavorative, anche a beneficio delle comunità locali attraverso impieghi socialmente utili. Lasciarli inattivi per ore nelle celle e nei corridoi delle sezioni non è certo il modo per promuovere quelle condizioni di trattamento e rieducazione sancite dalla nostra Costituzione.